Evolution never sTOPS!
La più antica punta d’osso è neandertaliana
Il Sapiens era, come indicato dalle precedewnti ricerce, il "creatore" di lance con le punta d'ossa. Eppure questa nuova ricercaassegna il primato proprio al neanderthal.
UTENSILI DEL PALEOLITICO INFERIORE E MEDIONEANDERTHAL: ARTE E SOCIETÀ
11/16/20254 min leggere
L’evoluzione umana è affascinante perché il più delle volte ci troviamo davanti a scoperte che, in qualche modo, ci aiutano a capire meglio il comportamento degli antichi gruppi. E alcune volte non tutte le scoperte sono ovvie, proprio perché il comportamento non si fossilizza e abbiamo indizi indiretti proprio attraverso i reperti litici (e non solo!). Ma andiamo con ordine!
Ci troviamo nel Caucaso settentrionale, all’interno della grotta di Mezmaiskaya, e proprio qui è stato trovato un piccolo frammento d’osso lungo appena nove centimetri. Si tratta a tutti gli effetti di una punta affilata, lavorata con sorprendente precisione da mani neandertaliane circa 80–70.000 anni fa. Non si tratta di un semplice resto d’osso modificato, ma del più antico esempio in Europa di “arma da caccia” con punta d’osso, un ritrovamento che finora era stato associato alla nostra specie.
Finora, le armi composite come bastoni con punte di pietra o osso incollate con resine e bitumi erano considerate una prerogativa di Homo sapiens (africano) del Paleolitico medio. Questa è invece l’ennesima prova del fatto che i Neanderthal fossero capaci di pensare in modo astratto. E sottolinearlo fa sempre bene, visto che c’è ancora chi associa il Neanderthal alla stupidità.
Il reperto di Mezmaiskaya mostra che anche i Neanderthal, ben prima dell’arrivo della nostra specie in quelle zone, sapevano concepire strumenti sofisticati, capaci di integrare materiali diversi in un’unica arma funzionale. Le analisi microscopiche e tomografiche, infatti, hanno rivelato la presenza di tracce di bitume usato come mastice, grazie ai segni di raschiature intenzionali e alle microfratture tipiche di un impatto veloce: tutto ciò è compatibile co n l’uso di questo strumento come punta di proiettile da caccia. Ed è molto interessante, perché anche in base alle evidenze anatomiche e morfologiche, il Neanderthal è sempre stato descritto come un ominino che cacciava “in prima persona” le prede, ma questa evidenza suggerisce che utilizzasse tecniche anche a media o lunga distanza e non solo da vicino.
Ma qui forse ci troviamo di fronte a una vera e propria “sperimentazione in atto”. Non è detto comunque che cacciassero da media o lunga distanza come il Sapiens, ma è come se si trattasse di un utensile ancora “acerbo”, e ciò indica che probabilmente si trattasse di una specie che sperimentava nuove tecniche e nuovi strumenti, affinando le conoscenze acquisite nel corso del tempo senza necessariamente limitarsi a replicarle.
Approfondimenti
La punta ossea è lunga 90 mm ed è stata ricavata da un frammento corticale di un osso lungo, probabilmente di bisonte o comunque di un animale di grandi dimensioni. La struttura è compatta, con sezione ovale e punta conica regolare. È interessante l’assenza di porosità trabecolare, che indica una lavorazione sulla porzione densa del tessuto osseo.
Tra le tracce microscopiche trovate sull’osso ci sono segni di “sega” (o comunque di uno strumento capace di svolgere la stessa funzione), raschiature e tagli obliqui. Qui si ricollega il discorso fatto alla fine del primo paragrafo: il Neanderthal probabilmente sperimentava e possedeva anche strumenti litici in grado di sagomare il pezzo.
La parte apicale presenta colorazioni rosso-brune da calore, e ciò indica un’esposizione a basse temperature, probabilmente per indurire o essiccare la punta, poi fissata su un’asta lignea grazie a un mastice organico: un adesivo che permetteva al pezzo osseo di essere impiantato senza problemi e di risultare resistente. Non sono però presenti levigature tipiche di punteruoli o raschiatoi, e proprio questo ha portato a escludere che si trattasse di uno strumento artigianale domestico. Le microfratture longitudinali,, infatti, sono compatibili con impatti ad alta velocità.
Vediamo brevemente altri risultati interessanti:
Le analisi faunistiche mostrano un ambiente ricco di grandi ungulati come bisonti, bovidi e caprini, e ciò permette anche di capire perché sia stato creato uno strumento da proiezione. Essendo animali di grandi dimensioni, quindi pericolosi da attaccare a distanza ravvicinata, o animali relativamente agili, uno strumento del genere avrebbe permesso di non avvicinarsi troppo, magari evitando rumori o di spaventare la preda.
Il manufatto si trovava accanto a un focolare e a un’area di lavorazione litica; di conseguenza mostra che anche questo accampamento fosse caratterizzato da suddivisioni in base alla tipologia di attività o di lavorazione. In questo caso, era probabile che ci fosse un’area adibita alla creazione o alla manutenzione di questi strumenti.
La ricerca dimostra ancora di più quanto il Neanderthal fosse abile nello studiare l’ambiente circostante, comprendere e utilizzare i prodotti naturali disponibili. Pianificava, utilizzava materiali diversi e controllava molto bene il fuoco, proprio per poter modellare e maneggiare al meglio questi prodotti, come testimoniato dall’uso del bitume naturale come mastice. Ciò implica che possedesse una conoscenza delle proprietà chimico-fisiche sia del materiale sia dei passaggi necessari per una lavorazione ottimale, come controllare il fuoco affinché si raggiungesse la temperatura di fusione o modificare il bitume in modo che diventasse viscoso e adesivo.
Anche se resta ancora qualcosa da studiare a livello anatomico, questo reperto mette in evidenza attività di caccia a distanza, un aspetto importante a livello comportamentale e sociale, poiché migliorava la sicurezza degli individui. Si rischiava meno la vita e la caccia poteva essere più efficiente. Inoltre, come accennato in precedenza, la presenza di segni d’impatto e di rifiniture effettuate dopo l’utilizzo o il danneggiamento suggerisce che lo strumento sia stato riutilizzato e sottoposto a manutenzione. Non si trattava, insomma, di oggetti “usa e getta”.
Le armi da caccia con punta d’osso, in precedenza, erano datate ad almeno 30.000 anni fa ed erano associate proprio a Homo sapiens, arrivato nel Caucaso molti millenni dopo. Questo indica, come confermato anche dalla datazione, che lo sviluppo di un’arma da caccia con punta d’osso sia un’invenzione indipendente, una vera e propria convergenza evolutiva. Si tratta però di una produzione acerba, non ancora affinata come quella del Sapiens, come suggerito dall’assenza di standardizzazione, dalla mancanza di altre copie simili e da una finitura poco precisa. Ma, a livello funzionale, le due invenzioni si equivalgono.
Fonte testo: Golovanova, L. V., Doronichev, V. B., Doronicheva, E. V., Poplevko, G. N., Cleghorn, N. E., Kulkov, A. M., Potrakhov, N. N., Bessonov, V. B., & Staroverov, N. E. (2025). On the Mousterian origin of bone-tipped hunting weapons in Europe: Evidence from Mezmaiskaya Cave, North Caucasus. Journal of Archaeological Science, 179, 106223. Elsevier.
Esplora il mondo delle Scienze Naturali, della Paleontologia, della Genetica e di tante altre fantastiche branche scientifiche.
Articoli
©2025 – All rights reserved | Le immagini presenti su questo sito provengono dal sito stesso (Unsplash), da Pixabay e Pexels (licenza stock free), da Canva (con licenza in abbonamento) e dalle ricerche citate, sempre accompagnate da primo autore e anno.
