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blueberry fruits on branch

Abbiamo l’uva e il vino grazie... all’estinzione alla fine del Cretacico

Va bene, lo ammetto, è un titolo abbastanza particolare, perché c’è un collegamento tra l’estinzione del Cretacico e la comparsa delle viti.

PALEOBOTANICA: ANGIOSPERME E GIMNOSPERME

9/29/20252 min leggere

È stata effettuata una revisione sulla specie Saxuva draculoidea, grazie a nuove analisi basate perlopiù su rendering volumetrici e sezioni virtuali del materiale attribuito a questa specie. Possiede caratteristiche come una chalaza lunga e lineare (la chalaza è una struttura che collega il tegumento dell'ovulo alla parete dell'ovaio e sostiene il seme all'interno dell'ovaio).

La superficie del seme presenta degli ornamenti spinosi posti lateralmente e marginalmente sul margine dorsale. Insomma, questa specie assomiglia molto alle moderne viti.

L’ornamentazione con rugae spinose prominenti sui lati laterali e sul margine dorsale, infatti, la rende simile alle moderne Pseudocayratia (Cina e Giappone), un genere di viti appartenente alla famiglia delle Vitaceae. Soprattutto, quest’ornamentazione spinosa sembra essere rara nelle Vitaceae, ma è comunque presente in specie come Acareosperma spireanum.

Di conseguenza, i ricercatori hanno potuto condurre uno studio filogenetico un po’ più approfondito, basato perlopiù su dati di specie esistenti. Uno dei risultati più interessanti è che nel “Vecchio Mondo” (Old World) hanno avuto origine i seguenti cladi: Cisseae, Cayratieae e Viteae. Ed è probabile che l’area ancestrale, nella quale comparvero questi cladi, sia la regione asiatica che si affaccia sul Pacifico.

In parole povere, il genere Vitis, a cui appartiene la specie Vitis vinifera L., la moderna uva per intenderci, ha un’origine asiatica e neotropicale.

E qui arriva il bello, dal punto di vista fossile. Sono state scoperte intatte specie quali Lithouva susmanii, antica almeno 60 milioni di anni e rinvenuta in Colombia. Ciò suggerisce, assieme ad altri fossili, un’ampia distribuzione delle Viteae alla fine del Paleocene, e un’associazione di questi campioni a foreste pluviali relativamente chiuse.

Quindi, per essere così diffuse queste specie (visto che sono stati trovati resti fossili anche a Panama e in Perù), vuol dire che deve essere successo qualcosa che ha contribuito alla loro dispersione.

Quindi, cosa c’entra l’estinzione del Cretacico? Analizziamo alcuni punti:

  • I fossili indicano un’antica presenza delle Vitaceae in Nord America e nel regno neotropicale;

  • I primi “fossili d’uva” sono antichi di 66 milioni di anni e sono stati rinvenuti in India;

  • La grande estinzione di massa ha permesso, probabilmente, la comparsa e la diversificazione di diversi gruppi di piante, come le Vitaceae. Questo perché sono stati perlopiù organismi di grandi dimensioni a scomparire, e proprio questa scomparsa ha permesso alla flora di diversificarsi facilmente, senza l’aiuto di altri animali, a seconda della loro dieta. Per esempio, una foresta fitta filtrava meno luce, e piante rampicanti come le Vitaceae sono riuscite a diversificarsi e ad occupare più spazi proprio per via di questo cambiamento ambientale;

  • Gli autori indicano che probabilmente gli uccelli (i dinosauri sopravvissuti) e i mammiferi abbiano contribuito alla rapida dispersione dei semi;

  • Proprio il ritrovamento di Lithouva susmanii è importante, perché antica di 60 milioni di anni. E trovandosi in Sud America, ben 5-6 milioni di anni dopo la grande estinzione, indica una rapida diversificazione della famiglia delle future viti in pochi milioni di anni, oltre a indicare un’origine sudamericana delle viti comuni (e moderne).

Fonte testo: mith, S.Y., Atkinson, B.A., Collinson, M.E. et al. Cenozoic seeds of Vitaceae reveal a deep history of extinction and dispersal in the Neotropics. Nat. Plants 11, 123–130 (2025).