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Colorazioni involontarie nel Paleolitico?

Un frammento pigmentato trovato vicino alla famosa sepoltura di Lagar Velho, (Portogallo) mostra tracce di ematita rossa. Sono tracce volontarie?

SAPIENS: ARTE E SOCIETÀ

9/27/20252 min leggere

In Portogallo, nei pressi di Lagar Velho, è stato trovato un supporto pigmentato del Gravettiano in prossimità di una sepoltura. Questa scoperta è molto interessante perché questo supporto mostra tracce di ematite rossa sulla superficie, e lo studio ha avuto come obiettivo capire se queste pigmentazioni siano frutto di un gesto intenzionale oppure no. In generale, i dati indicano che fu trasferita in modo passivo durante le attività quotidiane, entrando in contatto con materiali pigmentati. Con o senza l’intenzionalità, questo studio è importante perché reperti come questi possono essere facilmente scambiati per “prodotti intenzionali”, quando in realtà potrebbero essere frutto di fenomeni tafonomici.

Ma andiamo con ordine. Il supporto è stato trovato nei pressi di una sepoltura di un bambino ed è datato al Gravettiano (29.000–20.000 anni circa). La particolarità è che questa sepoltura è stata caratterizzata da un uso significativo di pigmenti rossi. Per capire se si trattasse di un reperto intenzionale, cioè pigmentato intenzionalmente, sono state utilizzate varie metodologie. Tra queste, l’analisi Raman ha identificato tracce di ematite, che risulta essere il principale pigmento della composizione, con una presenza accessoria di calcite e quarzo. È proprio l’ematite il responsabile del colore rosso osservato sul supporto. L’ematite (Fe₂O₃) è comune nei contesti paleolitici per la sua colorazione rossa. Ma come hanno fatto a capire i ricercatori che si trattava di un accumulo non intenzionale?

Sostanzialmente, la colorazione si è accumulata sulla faccia superiore (convessa) del blocco calcareo, la quale ha subito abrasione, mentre le linee rosse presenti non sembrano frutto di un’applicazione artistica deliberata, ma di sfregamento singolo con materia colorante. Le forme lineari, in generale, non mostrano riempimento completo o continuità che suggerirebbero un'applicazione intenzionale prolungata.

Allora, chi è il colpevole di questa “colorazione involontaria”?

I ricercatori non pensano sia stato un essere umano a compiere questo gesto, ma che sia stato il risultato di alcune azioni naturali che in qualche modo hanno portato a questo risultato. Ecco, in breve, cosa è accaduto secondo i ricercatori:

  1. Frammentazione del supporto dal letto roccioso del riparo.

  2. Caduta al suolo della grotta.

  3. Accumulo e compattazione di sedimenti sabbiosi giallastri.

  4. Abrasione della superficie superiore, creando un'area più chiara priva di sabbia. Questo evento potrebbe essersi verificato assieme al punto 3.

  5. Contatto con materiale pigmentato (forse connesso alla sepoltura), che ha causato la pigmentazione.

  6. Deposizione successiva di un livello crioclastico che ha sigillato l’area.

In parole povere, non si tratta di un risultato di attività artistiche o simboliche intenzionali, con il pigmento che potrebbe essere stato trasferito in modo del tutto casuale, involontario e passivo, attraverso un movimento naturale o un incidente antropico non intenzionale. La prova più evidente, infatti, è la linearità delle tracce e la mancanza di un riempimento coerente. Ma, in un modo o nell’altro, questa scoperta restituisce risultati che sono comunque apprezzabili e importanti. L'utilizzo di ocra/ematite è ben documentato in contesti artistici, rituali e domestici, ma ciò dimostra che la presenza di ocra non deve necessariamente far pensare che ci troviamo davanti a uno di questi scenari. C’è la necessità di distinguere tra pigmentazione intenzionale e casuale.

Fonte: Daura, J., García-Diez, M., Sanz, M., Jawhari, T., Costa, A. M., & Araújo, A. C. (2025). Pigmented supports in the Upper Palaeolithic: Unravelling origins and intentionality on red-pigmented support at the Lagar Velho rock shelter (Portugal). Journal of Archaeological Science: Reports, 61, 104924.