Evolution never sTOPS!
Dimmi com'è il tuo cranio, e ti dirò se sei un ibrido Sapiens-Neanderthal
I segnali di ibridazione non li abbiamo solo dal punto di vista genetico, ma anche alcune componenti morfologiche possono rivelarci qualcosa.
SAPIENS: IL CERVELLONEANDERTHAL: IL CERVELLO
11/30/20243 min leggere
Che la specie Homo sapiens si sia ibridata con altri gruppi e specie è innegabile, ed è proprio per questo che risulta essere complicata, per certi versi, da capire e da studiare l'evoluzione del nostro genere.
Prendiamo come esempio l'ibridazione tra Sapiens e Neanderthal. Con il termine ibridazione noi indichiamo, o meglio, intendiamo un accoppiamento avvenuto tra due gruppi che hanno generato prole fertile, in quanto conserviamo le loro tracce nel nostro genoma, e di conseguenza immaginiamo un accoppiamento continuo tra queste due specie nel Medio Oriente circa 100.000 anni fa.
È così? Non proprio.
Partiamo innanzitutto dal concetto di inbreeding, o inincrocio. Con questo termine noi indichiamo l'incrocio tra individui strettamente imparentati o consaguinei. Il DNA mitocondriale delle due specie ci indica che non c'è stato in pratica nessun incrocio, mentre il DNA nucleare si.
Pertanto, considerando che il DNA mitocondriale viene trasmesso dalla sola madre ai figli(le figlie a loro volta lo possono trasmettere), questo potrebbe farci capire che l'accoppiamento poteva avvenire prevalentemente tra maschi Neanderthal e donne sapiens, forse anche tra i sessi opposti ma in percentuale minore.
Quindi da qui capiamo il punto centrale del discorso: l'inbreeding era molto basso. Cioè, non c'era un continuo incrocio tra le due specie e viene stimato che in un arco temporale di 10.000 anni siano avvenuti appena 200-400 eventi di ibreeding.
Probabilmente c'erano di mezzo barriere riproduttive molto forti, come la cultura e le condizioni ecologiche, che hanno permesso pochi fenomeni di ibridazione. C'è da aggiungere anche un altro fenomeno, quello dell'introgressione. Sostanzialmente i gruppi Neanderthal-Sapiens si accoppiavano, producevano prole ibrida (solo in rari casi era fertile), che a loro volta si riaccoppiava con uno dei parentali (maggiormente con il Sapiens ), permettendo così alla nostra specie di "rubare"geni neanderthaliani (e anche Denisovani). Indicando che tra le popolazioni vi era, saltuariamente, solo un piccolo scambio genico e non continuo.
Parliamo solo di una piccola fetta di popolazione di Homo sapiens uscita dall'Africa, e di una piccola fetta di Neanderthal presenti in quel dato luogo. Pertanto, con popolazioni piccole, lo scambio genetico è stato anche molto limitato e con il tempo abbiamo assistito anche alla perdita di molti geni. Se ci fossero stati più inincroci, forse gli europei e gli asiatici avrebbero avuto una percentuale maggiore di genoma neanderthaliano rispetto all'1-3% attuale.
Oltre alla genomica, anche la morfologia può aiutarci a capire se l'individuo fossile che stiamo studiando è un ibrido. Qesta nuova ricerca indica come il cranio (ne parleremo più in basso nel dettaglio), in relazione anche ai dati genomici, possa essere un buon 'alleato' per capire se stiamo studiando un individuo ibrido.
Sono stati analizzati campioni di Homo sapiens eurasiatico del Pleistocene superiore, che è stato utilizzato come 'modello' per capire la storia dell'ibridazione della nostra specie. Questi campioni indicano che la mandibola, e la parte posteriore del cranio, possiedono forma e dimensini intermedie tra Neanderthal e Homo sapiens africano (il cranio di H. sapiens è globulare, mentre quello neanderthaliano presenta una convessità, una sorta di protuberanza conosciuta anche come "chignon").
La forma facciale e mandibolare sono comunque influenzate da risposte adattative e dalla selezione, ma i dati su altri mammiferi (e sui primati) suggeriscono che possano essere fattori importanti nel riconoscimento di individui ibridi, in quanto queste caratteristiche potrebbero 'conformarsi' alla popolazione con sui si reincrociano (i dati genetici ci indicano, al momento, che non vi sono stati incroci tra ibridi nel nostro lignaggio, ma solo con uno dei due parentali, maggiormente con H. sapiens).
Infatti, la ricerca indica come H. sapiens del Pleistocene superiore fosse più vicino alla forma di H. sapiens africano che a H. neanderthalensis, proprio per via del flusso genico asimmetrico che indicherebbe:
-o una differenza nelle popolazioni parentali (maggiore quella del Sapiens);
- o maggiori fenomeni di introgressione, di reincrocio degli ibridi con il parentale Sapiens.
Ma come possiamo capire dalla morfologia, senza dati genetici, se si tratta di individui ibridi?
Sicuramente, si ha qualche segnale da parte della mandibola, come detto prima, ma i segnali fenotipici di ibridazione solo limitati alla dimensione complessiva della struttura, ed alla megadontia (denti più grandi rispetto ai parentali). I fossili indicano che il nostro apparato masticatorio era ben diverso da quello neanderthaliano: meno robusto e meno "potente" per quanto riguarda il morso e la masticazione.
L'ibridazione indicherebbe che, geni neanderthaliani, influissero sullo sviluppo della struttura cranio-mandibolare, soprattutto per quanto riguarda la regione masticatoria e del neurocranio (come indicato all'inizio del discorso, con una forma cranica 'intermedia' tra le due specie).
Naturalmente, bisogna un attimino fare attenzione allo stato ed alla completezza del cranio, ed agli eventi tafonomici, che possono in qualche modo deformare il cranio, e fornire dati distorti sul 'segnale di mescolanza'.
Fonti:
M. Currat, L. Excoffier, Strong reproductive isolation between humans and Neanderthals inferred from observed patterns of introgression, Proc. Natl. Acad. Sci. U.S.A.
108 (37) 15129-15134,
Harvati, K., Ackermann, R.R. Merging morphological and genetic evidence to assess hybridization in Western Eurasian late Pleistocene hominins. Nat Ecol Evol 6, 1573–1585 (2022).
Neves, A. G. M., & Serva, M. (2012). Extremely rare interbreeding events can explain Neanderthal DNA in living humans. PLOS ONE, 7(10), e47076.
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