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a bunch of baby turtles in a box

E' un fossile di tartaruga appena nata o di una pianta?

Osservando il fossile, la risposta non è scontata. Eppure, questo fossile nasconde una storia molto interessante.

STORIE PALEONTOLOGICHEANAPSIDA: LE TARTARUGHE

8/30/20253 min leggere

Prima di incominciare con l'articolo, vi invito a fare questo giochino, chiedendovi cosa riuscite a vedere dall'immagine. Questo può, secondo me, aiutarvi un po' a capire come il lavoro del paleontologo a volte non è così semplice e, se non si sta attenti, si potrebbe fare un po' di confusione e commettere qualche errore.
In questo caso, possono esserci problemi di identificazione soprattutto se i fossili provengono dagli stessi depositi dove coesistono organismi marini e terrestri, e se aggiungiamo anche il problema dell'abbondanza di certe specie, la situazione si complica moltissimo, in quanto reperti fossili rari possono presentare poche morfologie diagnostiche che potrebbero permettere una "semplice" e "normale" identificazione.

I fossili in questione provengono dalla Paja Formation (Ricaurte Alto, Villa de Leyva, Colombia), datata al Cretacico inferiore, ed inizialmente sono stati associati alla specie Sphenophyllum colombianum, questo perché i fossili somigliavano a questa pianta che visse nel Paleozoico superiore. I ricercatori in questione hanno riesaminato i fossili ed è risultato che si tratta di tartarughe marine appena nate, e che rappresentano la prima e la più antica cova di una tartaruga marina nell'Aptiano del Sud America (oltre ad essere un fossile preservato eccezionalmente).

Un errore fatto in buona fede
Come disse Jules Verne, "La scienza è fatta di errori, ma di errori che è bene commettere perché a poco a poco conducono alla verità". Qui, i primi ricercatori fecero un errore in buona fede perché i dati a disposizione inizialmente erano scarsi; quindi, l'associazione di quei fossili a una specie di pianta estinta era il risultato migliore che si potesse ottenere inizialmente. Questo perché i resti vegetali nel sito si trovano sporadicamente nelle concrezioni calcaree e nei letti di scisto, e con molta probabilità erano vegetali tipici di ecosistemi costieri in grado di resistere al trasporto. Inoltre, sono state trovate tracce di muffa, steli permineralizzati, foglie, rami ed altre strutture riproduttive che ricordavano le gimnosperme (Araucariaceae, Cupressaceae e Bennettitales sono i gruppi più diffusi nel sito). I fossili in questione presentano una forma a spirale e mostrano tipicamente una struttura ricca di venature che si irradiano dalla base fogliare, proprio apparentemente come S. colombianum.

A questo punto, con la "scoperta" di questa specie nel sito, i ricercatori si posero un quesito: doveva trattarsi di un genere paleozoico che si estese fino al Cretacico, e ritrovarlo nella formazione La Paja significava estenderne di gran lunga l'intervallo temporale (e stratigrafico).

I risultati dello studio e le implicazioni paleobiologiche
Gli esemplari de La Paja Formation assomigliano sotto molti aspetti a cuccioli o ad individui giovanili di tartarughe marine esistenti ed estinte, come per esempio un'ossificazione relativamente scarsa, la presenza di contatti suturali altamente seghettati tra le ossa e la presenza di fontanelle. Pertanto, i ricercatori escludono la possibilità che appartengano ai pleurodirani a causa della mancanza di evidenza di una cicatrice iliaca sulle ossa costali posteriori, il che suggerisce che l'ileo non fosse fuso con il carapace. La cicatrice iliaca è presente nei pleurodirani appena nati/giovani, come Puentemys mushaisaensis del Paleocene della Colombia.

Data la presenza dei due esemplari e di altre tartarughe adulte, sempre provenienti dalla stessa formazione (La Paja), è plausibile che i piccoli possano appartenere alla specie Desmatochelys padillai, ma, in assenza di altri scheletri, i ricercatori non si sbilanciano più di tanto sull'associazione a una specie. Ciò che si può fare è ricostruire l'ontogenesi di questi piccoli, grazie proprio alla comparazione con specie viventi (come Caretta caretta) ed altre estinte. Vediamo quali sono le caratteristiche comuni che indicano che ci troviamo davanti ad animali nati da poco nei reperti fossili:

  • l'immaturità scheletrica, caratterizzata da una ridotta ossificazione e dalla presenza di grosse 'fontanelle';

  • le piccole dimensioni.

I cuccioli di tartaruga odierni, in genere, crescono fino ad avere una lunghezza del carapace curvo (CCL) da 4 a 6 cm entro il loro primo anno. Dopo questo primo anno, i piccoli passano a uno stadio giovanile in cui la loro lunghezza aumenta di svariati cm (anche oltre i 17 cm), mentre l'età adulta viene raggiunta intorno ai 14 anni, quando la misurazione della lunghezza rettilinea del carapace (SCL) supera i 40 cm. I due individui in questione sono lunghi circa 6,1 cm e 5 cm e, sulla base di queste misurazioni e dei modelli di crescita osservati sulle tartarughe vive, questi esemplari si trovavano, probabilmente, nella fase di schiusa/post-schiusa (avevano presumibilmente tra 0 e 1 anno al momento della morte).

Oltre alle dimensioni, l'immaturità scheletrica è simile a quella di alcune specie viventi, come quella di un individuo di Chelonia mydas di quattro settimane, grazie proprio alla presenza di grandi fontanelle e a un carapace poco spesso a causa della scarsa ossificazione del derma. Inoltre, i due individui al momento della morte non avevano la stessa "età", questo perché uno dei due esemplari mostra contatti suturali intercostali ben sviluppati, una situazione leggermente diversa dall'altro individuo, in quanto mostra un carapace poco sviluppato. Quindi, con molta probabilità, uno morì in una fase successiva alla schiusa, mentre l'altro individuo poco tempo dopo essere nato.

Fonte testo e immagine: Palma-Castro, H. D., Cómbita-Romero, D. A., Cadena, E.-A., Carvalho, M. R., & Herrera, F. (2023). Fossil plant or turtle? An Early Cretaceous Sphenophyllum or a hatchling turtle? Society of Vertebrate Paleontology, Article number: 26.3.a50.