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a close up of a person holding their hands together

Il disturbo della mano conosciuto come “malattia vichinga” (o morbo di Dupuytren) è un’ulteriore eredità...neanderthaliana

Lo studio genetico sul morbo di Dupuytren mostra come tre varianti ereditarie di origine neanderthaliana abbiano contribuito ad aumentare la predisposizione a questa malattia in Europa

SAPIENS: EREDITÀ "ESTERNE"OMININI: INCROCI E GENETICA

8/23/20252 min leggere

Come ben sappiamo, quei rari e fortuiti accoppiamenti con Homo neanderthalensis ci hanno permesso, attraverso un fenomeno conosciuto come “introgressione”, di ereditare geni neanderthaliani.

Prima di continuare questo discorso, dobbiamo vedere come avvenne l’incorporazione di questi geni. Le specie Homo sapiens e H. neanderthalensis, come indicano i dati genetici, si sono sporadicamente accoppiate; questo perché potrebbero esserci state delle barriere riproduttive (come anche la distanza genetica tra le due popolazioni) che hanno limitato gli accoppiamenti. Quei pochi e rarissimi ibridi che nascevano, se fertili, si riproducevano con uno dei due parentali (non con il genitore, sia chiaro, ma con un altro individuo “non ibrido” appartenente al lignaggio sapiens o neanderthaliano). Quindi, le popolazioni non si “mischiavano” e non diventavano omogenee, ma un ibrido riaccoppiandosi con un parentale permetteva di “rubare” i geni dell’altra popolazione.

Grazie a questo fenomeno è stato possibile ereditare alcuni geni neanderthaliani: alcuni di questi hanno svolto un ruolo fondamentale per la nostra sopravvivenza, infatti ci hanno permesso di resistere al freddo o a certi virus; altri ci espongono maggiormente a malattie (alcune ereditate proprio dai Neanderthal) come lupus, diabete di tipo II e, a quanto pare, il morbo di Dupuytren.

Questa malattia era molto comune nelle popolazioni di origine africana e in quelle nordeuropee; infatti, il 30% dei norvegesi (secondo uno studio del 1999) che supera i 60 anni di età è affetto da questa patologia. Da qui deriva il nome di “malattia vichinga”.

Il morbo colpisce le mani, e chi ne soffre presenta una mano caratterizzata da un progressivo ispessimento e retrazione dell’aponeurosi, la membrana che protegge il palmo della mano sotto la cute. In parole povere, abbiamo a che fare con questa patologia quando una o più dita della mano rimangono flesse, o piegate, in modo permanente.

A quanto pare vi è una predisposizione genetica per via di quei (pochi) geni neanderthaliani che abbiamo ereditato da sporadici e fortuiti accoppiamenti. Sono stati presi in considerazione 7.871 casi (più centinaia di migliaia di controlli della Biobanca del Regno Unito e di altri centri di ricerca), e sono state trovate 61 varianti significative dell’intero genoma associate alla malattia di Dupuytren.

Tre di queste varianti (o loci) ospitano alleli di origine neanderthaliana, e il secondo fattore di rischio genetico più importante è situato sul cromosoma 7. Grazie ai dati sull’mRNA dei muscoli (e di altri tessuti), il fattore di rischio genetico è associato a una variante di splicing del gene EPDR1. In parole povere, l’influenza osservata degli antenati neanderthaliani sulla malattia di Dupuytren è circa 20 volte maggiore del previsto, e in generale lo studio suggerisce che la mescolanza con questa specie ha avuto un impatto sostanziale sulla prevalenza della malattia in Europa.

Insomma, i geni neanderthaliani ci stupiscono sempre, sia in positivo che in negativo.

P.S. Una cosa che ho dimenticato di scrivere, anche se è sottointesa, è che questo studio mette in evidenza come la distribuzione di geni neanderthaliani non sia del tutto casuale e rispecchi certi processi biologico-evolutivi. Le popolazioni non africane (anche se molte popolazioni africane possiedono almeno lo 0,3% di DNA neanderthaliano per via di “retromigrazioni”) sono caratterizzate da una percentuale neanderthaliana che va dall’1 al 3% circa, e nessuno (o quasi) possiede gli stessi geni. Questo vale anche per i geni legati alla malattia: non tutti li possiedono e non tutti sono a rischio (e ciò vale anche per altre malattie come lupus o diabete di tipo II). In Nord Europa questa malattia è diffusa, e questo fa pensare che i geni legati ad essa siano una sorta di caratteristica “regionale”. L’antico ceppo sapiens che migrò in queste terre fu caratterizzato, almeno per qualche tempo, da un isolamento tale da permettere, in un modo o nell’altro, l’aumento della frequenza della malattia (e dei geni neanderthaliani legati ad essa). Questo spiegherebbe perché il 30% dei norvegesi, dopo i 60 anni, soffre di questa condizione.

Fonte: Fonte: Richard Ågren and others, Major Genetic Risk Factors for Dupuytren's Disease Are Inherited From Neandertals, Molecular Biology and Evolution, Volume 40, Issue 6, June 2023, msad130