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Il megalodonte era probabilmente uno squalo "a sangue caldo"

Lo studio sulla geochimica dentale rivela la termoregolazione dell’𝙊𝙩𝙤𝙙𝙪𝙨 𝙢𝙚𝙜𝙖𝙡𝙤𝙙𝙤𝙣 e le possibili cause della sua estinzione nel Pliocene

SQUALI: PALEOBIOLOGIA

8/29/20252 min leggere

Alcuni ricercatori hanno analizzato alcuni minerali contenuti nei denti di questo famosissimo e gigantesco squalo (Otodus megalodon), e il risultato è ciò che avete potuto leggere nel titolo.

È una ricerca molto interessante perché riguarda uno dei più grandi animali marini mai esistiti. Si pensava che fosse un animale a sangue freddo, e ciò era dovuto anche alla scarsità dal punto di vista fossilifero, perché, a parte rarissime eccezioni, si preservano solo poche componenti, come i denti o le otoliti.

Ciò che suggerisce questa ricerca è che fosse un animale a sangue caldo, capace di controllare la temperatura corporea, e ciò potrebbe anche aiutarci a capire qualcosa sull’estinzione di questi mastodontici animali, avvenuta circa 3,6 milioni di anni fa.

Analizziamo con calma i risultati. Sono stati analizzati gli isotopi dello smalto dei denti, e ciò indica che lo squalo in questione fosse in grado di mantenere una temperatura di circa 7 °C. Questo lo classificherebbe come animale a sangue caldo? Beh, in genere questo squalo viveva in acque fredde, e una temperatura come 7 °C risultava essere decisamente più calda rispetto a quella delle acque circostanti.

In secondo luogo, la differenza di temperatura è maggiore rispetto a quella di altri squali che vivevano nello stesso ambiente di questo gigante, e tutto ciò ci permette di rispondere alla domanda con un bel “sì”.

Tutto questo, oltre a darci qualche suggerimento sulla biologia dell’animale, ci permette di capire i cambiamenti climatici che si susseguirono nel Pliocene (5,3–2,58 milioni di anni circa). Questo squalo utilizzava una certa quantità di energia per riscaldarsi, soprattutto perché era un animale capace di raggiungere anche i 15 m circa di lunghezza, ma non è diverso da ciò che fanno lo squalo bianco o lo squalo volpe, anch’essi appartenenti, assieme al megalodonte, ai cosiddetti mackerel sharks. In parole povere, i due squali citati mantengono una temperatura del corpo (o parti di esso) pressocché uguale a quella dell’acqua circostante.

Gli squali immagazzinano il calore generato dai loro muscoli, ma è diverso da ciò che accade, per esempio, nei mammiferi, in quanto lì entra in gioco l’ipotalamo che regola la temperatura corporea.

E quindi, quale sarebbe il punto? I denti di questo squalo sono ricchi di minerali di apatite che contengono atomi di ossigeno e di carbonio. Gli isotopi di questi elementi possono fungere da “termometro”, ma questo è possibile perché i denti si formano nel tessuto di un animale quando è vivo.

Vediamo i punti salienti della ricerca:

  • un corpo caldo permetteva al megalodonte di muoversi più velocemente, di tollerare l’acqua fredda e ciò ha dato a questi animali la possibilità di popolare tutti i mari del mondo;

  • l’endotermia era uno dei fattori chiave del gigantismo di questi squali e nei lamniformes (come lo squalo bianco);

  • il raffreddamento globale causò cambiamenti ecologici e del livello del mare che portarono all’estinzione di questi giganti. Questo perché, per mantenere un certo livello di energia, è necessaria l’immissione quasi continua di cibo (un po’ come capita al supereroe Flash che ha bisogno continuamente di mangiare, e più lo fa e più riesce a correre veloce);

  • ciò che ho scritto prima può portare a pensare che un cambiamento globale abbia causato la diminuzione delle prede, ma gli autori suggeriscono che è più probabile che entrarono in competizione con squali apparsi più recentemente, come gli squali bianchi.

Fonte immagine: Pixabay
Fonte: Gregory A. Henkes, Dental geochemistry reveals thermoregulation in the Neogene ocean’s most infamous superpredator, Proceedings of the National Academy of Sciences, 120(30), 2023.