Evolution never sTOPS!

leafless tree on brown grass field

In quali ambienti si sono adattati gli ominini negli ultimi 3 milioni di anni?

Questa ricerca è molto interessante perché è un aspetto che si considera poco quando si parla di evoluzione umana: l’ambiente e il suo continuo mutamento.

IL GENERE 𝙃𝙤𝙢𝙤UOMO: PRESSIONI EVOLUTIVE E ADATTAMENTO

8/29/20253 min leggere

La ricerca è abbastanza lunga, ma ho cercato di prendere i punti più importanti e, sostanzialmente, possiamo riassumere il tutto con questa frase:
“Gli ominini, in particolar modo le specie del genere Homo, erano attrezzate per adattarsi a paesaggi a mosaico”.

I paesaggi a mosaico hanno caratterizzato e, in qualche modo, modellato l’evoluzione dell’uomo, in quanto il Pleistocene è stato caratterizzato da continui mutamenti climatici che si riflettono sulla flora e fauna locale. In parole povere, non troviamo una sorta di “linearità” ambientale (es. diminuiscono piano piano certe specie di alberi fino a non essere più presenti), ma troviamo diverse aree caratterizzate da più ambienti frammentati che possono anche ripetersi.

Analizziamo un po’ punto per punto i risultati della ricerca.

Nel corso di 3 milioni di anni, l’habitat umano si è modificato nel tempo (e con esso anche la flora e la fauna). Si sono avvicendati diversi avvenimenti chimico-fisici tali da modificare le condizioni climatiche e meteorologiche del pianeta (cicli di Milanković, gas serra ed effetti della calotta glaciale).

I primi ominini africani vissero prevalentemente in ambienti aperti (che si contraevano e si espandevano in tempi relativamente brevi), come le praterie caratterizzate da arbusti secchi, mentre in Africa settentrionale troviamo aree relativamente desertiche. L’ampiezza del ciclo stagionale nell’emisfero settentrionale aumentava, portando a una crescita delle precipitazioni estive ed espandendo, verso nord, le praterie, mentre il deserto del Sahara subiva una contrazione (a livello spaziale e geografico: in pratica si riduceva). Questo è un fenomeno chiave, in quanto ha permesso la creazione di corridoi verdi, supportando così le migrazioni di esseri umani arcaici come Homo erectus, Homo heidelbergensis e, successivamente, quelle dei primi individui di Homo sapiens (i famosi “Out of Africa”).

Insomma, per le specie umane si è trattato di una nuova sfida, in quanto non avrebbero mai potuto conoscere i nuovi ambienti che avrebbero visitato negli anni successivi.

Riassumiamo gli eventi ambientali nel continente africano:

  • la savana e i boschi aridi si riducono gradualmente in Africa settentrionale;

  • in Africa settentrionale si riducono le praterie e gli ambienti caratterizzati da arbusti secchi.

Migrando in Eurasia, gli ominini si sono adattati a una gamma più ampia di biomi nel tempo ed, in un modo o nell’altro, i nostri antenati hanno selezionato attivamente ambienti spazialmente diversi, grazie soprattutto alla tecnologia litica e alle conoscenze in loro possesso (ma non è il succo del discorso).

In Asia, per via dell’espansione delle calotte glaciali, le aree della tundra e delle praterie si sono espanse, mentre si sono contratte le foreste boreali e tropicali. In Europa assistiamo a un’espansione massiccia della tundra, delle foreste boreali e delle praterie, mentre le foreste temperate si sono ridotte. In parole povere, la frequenza dei climi freddi ha portato a un’espansione dei biomi aperti, e ciò avrebbe permesso e facilitato la migrazione di esseri umani arcaici.

I biomi “preferiti” dagli ominini

In un primo periodo, sono state percorse praterie aperte, sfruttando così rotte migratorie più accessibili. La diversità dei biomi e la “sperimentazione” da parte delle specie precedenti potrebbero aver dato un vantaggio in termini di espansione.

Spieghiamoci meglio:

  • gli habitat di Homo habilis e Homo ergaster erano prevalentemente localizzati in aree di savana e di prateria;

  • le specie “successive”, invece, provarono altre tipologie di habitat. Per esempio, Homo erectus, che lasciò l’Africa circa 1,8 milioni di anni fa, scelse habitat molto diversi come le foreste temperate o tropicali, mentre solo una piccola parte preferì la savana. Specie più recenti, come Homo heidelbergensis e Homo neanderthalensis, si adattarono a climi più freddi. Homo sapiens, la più generalista, si stabilì in ambienti estremi come la tundra o il deserto, grazie soprattutto alla capacità di produrre strumenti più efficienti in grado di far fronte alle esigenze ambientali.

Tutto sommato, i primi ominini africani e Homo neanderthalensis preferirono habitat aperti o chiusi, mentre le altre specie prediligevano condizioni miste. Questo è interessante anche per quanto riguarda Homo neanderthalensis, in quanto dimostrò una scarsa capacità di adattamento in biomi aperti di clima freddo (come la tundra) e, di conseguenza, subì una grossa contrazione (dal punto di vista popolazionistico e geografico) durante l’Ultimo Massimo Glaciale, stabilendosi nella regione mediterranea (più calda e boscosa).

Fonte: Zeller, E., Timmermann, A., Yun, K.-S., Raia, P., et al. (2023). Human adaptation to diverse biomes over the past 3 million years. Science, 380(6645), 604–608.