Evolution never sTOPS!

a close up of a person with blonde hair

La comparsa recente dei fenotipi chiari nell’evoluzione umana

La questione della pelle, a parte i soliti sterili e ascientifici commenti, è un aspetto molto interessante e importante a livello evolutivo, perché il colore della pelle svolge e ha svolto un ruolo fondamentale.

ANTROPOLOGIA FISICA: IL TEGUMENTO

10/26/20253 min leggere

La questione della pelle, a parte i soliti sterili e ascientifici commenti, è un aspetto molto interessante e importante a livello evolutivo, perché il colore della pelle svolge e ha svolto un ruolo fondamentale: un adattamento, se vogliamo, unico proprio perché siamo ricoperti di peli, ma essi non svolgono più un ruolo protettivo e termoregolativo.

Questo studio in particolare ha preso in esame genomi antichi e proprio alcuni di questi geni sono legati ai fenotipi associati alla pigmentazione chiara. Ciò che emerge è che si tratta di un carattere derivato, comparso in tempi relativamente recenti. Infatti, sia durante il Paleolitico che nel Neolitico, è difficile immaginare persone di carnagione chiara: la quasi totalità di Homo sapiens presentava una carnagione scura, così come capelli e occhi scuri.

Sembra però che gli “occhi chiari” siano comparsi in alcune popolazioni del Nord Europa prima dei capelli e della pelle chiara, che invece compaiono solo in tempi successivi. Questo sottolinea che questi caratteri sono emersi in periodi diversi: infatti, cominciano a comparire a partire dal Neolitico, con un picco interessante nell’Età del Bronzo. Bisogna però ricordare che si parla di un aumento di frequenza di questi caratteri all’interno delle popolazioni: divennero sì più frequenti, ma restavano numerosi gli individui con caratteristiche “scure”.

Il cambiamento quindi non è stato assolutamente lineare e non sembra essere collegato unicamente a fattori ambientali o a pressioni selettive. Sicuramente i vari livelli di radiazione UV hanno giocato un ruolo importante, ma non sono comunque sufficienti per spiegare cambiamenti così netti. In sintesi, si può parlare di alcuni fenotipi recessivi (semplificando il discorso) che, grazie a certe condizioni, sono diventati più frequenti all’interno di una popolazione, soprattutto in zone dove la luce solare è debole (escludendo casi particolari come quelli delle popolazioni Inuit, qui si parla in generale). Questo perché una pelle chiara permette di far passare maggiormente i raggi UVB.

Nella pelle è presente uno sterolo chiamato 7-deidrocolesterolo e, quando i raggi UVB colpiscono la pelle, questo si trasforma in “previtamina D3” che, grazie al calore corporeo, si converte in vitamina D3 (colecalciferolo).

La pelle chiara, dunque, assorbe meglio i pochi raggi UVB disponibili in zone con scarsa luce solare e ciò permette una migliore produzione di vitamina D in inverno o alle alte latitudini. La sintesi di vitamina D svolge un ruolo fondamentale, consentendo alle ossa di rimanere sane e garantendo il corretto funzionamento del sistema immunitario. In zone poco soleggiate, la pelle scura non ne produce abbastanza.

Ritornando alla ricerca, le diete ricche di vitamina D dei cacciatori-raccoglitori riducevano la pressione selettiva per la pelle chiara, e il gene flow (flusso genico) dovuto a migrazioni e mescolanze tra popolazioni ha modulato fortemente la diffusione delle varianti genetiche coinvolte. L’arrivo, per esempio, degli agricoltori anatolici nel Neolitico ha accelerato l’introduzione di alleli associati alla pelle chiara. Questi alleli si sono poi mescolati con quelli delle popolazioni locali, producendo così una forte variabilità interna. Solo nell’Età del Ferro — e non in tutta Europa — la pelle chiara diventa più frequente.

In sintesi, come riportato nel paper, possiamo riassumere così la storia dei caratteri chiari:

  • Paleolitico (45–13 mila anni fa): quasi tutti i sapiens possiedono occhi scuri; i capelli sono pressoché scuri, così come la pelle.

  • Mesolitico (14–4 mila anni fa): compaiono gli occhi chiari nel Nord Europa. I capelli sono prevalentemente scuri, ma cominciano ad apparire in alcuni individui carnagioni più chiare.

  • Neolitico (10–4 mila anni fa): prevalgono ancora occhi scuri, ma aumentano i fenotipi legati agli occhi chiari in alcune regioni. I capelli restano scuri, ma compaiono i primi capelli rossi; per quanto riguarda la pelle, cresce la variabilità, con individui di carnagione chiara in Europa.

  • Età del Rame (6–3,5 mila anni fa): occhi e capelli prevalentemente scuri, ma cominciano ad apparire individui con fenotipi intermedi e chiari.

  • Età del Bronzo (7–3 mila anni fa): aumenta la frequenza degli occhi chiari e dei capelli chiari o intermedi; per la pelle, si osserva un forte incremento di fenotipi intermedi e una maggiore presenza di individui chiaramente chiari.

  • Età del Ferro (3–1,7 mila anni fa): occhi scuri ancora diffusi, ma aumentano significativamente gli occhi chiari e la pelle chiara nelle popolazioni dell’Europa settentrionale.

Per concludere: la pressione selettiva legata agli UV ha favorito pigmentazioni più chiare alle alte latitudini. I cambiamenti sono stati graduali e modulati da gene flow (flusso genico), grazie alla diffusione degli agricoltori neolitici anatolici. Il flusso genico permette infatti ai geni di “circolare”, riducendo la varianza genetica tra popolazioni e aumentando la variabilità fenotipica interna. A questo si aggiungono adattamenti locali e genetic drift (deriva genetica), che ha permesso a caratteri inizialmente poco frequenti (grazie anche a fenomeni di isolamento popolazionistico) di diventare più comuni.

Fonte: S. Perretti, P. Santos, M.T. Vizzari, E. Tassani, A. Benazzo, S. Ghirotto, & G. Barbujani, Inference of human pigmentation from ancient DNA by genotype likelihoods, Proc. Natl. Acad. Sci. U.S.A. 122 (29) e2502158122