Evolution never sTOPS!
La diminuzione delle taglie delle prede ha influenzato l'uomo sia a livello biologico che culturale
La modifica delle taglie delle prede può essere considerata come una vera e propria pressione evolutiva, che ha guidato la caccia e lo sviluppo degli strumenti nel genere Homo.
UOMO: PRESSIONI EVOLUTIVE E ADATTAMENTOSAPIENS: IL CERVELLOANTROPOLOGIA FISICA: IL CERVELLO
8/31/20254 min leggere
Sostanzialmente, nel Paleolitico Inferiore, gli strumenti litici (e non solo!) erano stati sviluppati per la caccia alle grandi prede, come per esempio i mammut o grandi elefanti, ma la scomparsa della cosiddetta "Megafauna" ha messo l'uomo nelle condizioni di modificare un arsenale che fino a quel momento si era dimostrato efficiente per la sopravvivenza della nostra specie, portando così alla comparsa di armi specializzate nella caccia alle piccole prede. In parole povere, le armi sono una sorta di risposta adattativa a questa pressione evolutiva, ovvero la diminuzione della dimensione e della taglia degli animali.
Sono stati analizzati reperti preistorici provenienti dall'Africa (sia orientale che occidentale), dalla Francia e dalla Spagna, concentrandosi sulla transizione tra Paleolitico Medio e Superiore (300.000 anni fa circa). Nei siti più antichi sono stati rinvenuti strumenti in pietra e ossa utilizzati per cacciare grandi animali, come gli elefanti. Si tratta, infatti, di lance con la punta in pietra che si rivelarono essere molto efficienti per cacciare questi bestioni che, alla prima distrazione, potevano creare non pochi danni ai cacciatori umani. La tecnica utilizzata era quella Levallois, caratterizzata in primis dalla lavorazione di un nucleo dal quale si intagliavano schegge più elaborate rispetto alle tecniche precedenti e prodotte con "un colpo solo".
Queste punte di pietra realizzate con tecnica Levallois sono comparse contemporaneamente, a livello geologico e stratigrafico, nei siti studiati ed accompagnate allo stesso tempo dalla diminuzione della quantità di ossa di grandi prede. Questo aspetto incomincia a rispecchiare un po' il "cambio di arsenale" citato prima. Infatti, l'utilizzo di lance in legno permetteva la caccia di prede di grandi dimensioni, non tanto per la pericolosità dell'arma, ma per il semplice fatto che permetteva di spingere questi grossi animali verso trappole ideate precedentemente, mentre animali di medie dimensioni potevano scappare se colpiti da una lancia, recuperando successivamente la carcassa dell'animale dopo che aveva percorso una certa distanza, prima di crollare per la perdita di sangue dovuta a una profonda ferita.
Ma, a livello stratigrafico, la comparsa di lance con la punta in pietra potrebbe essere una sorta di risposta alla crescente scarsità di grandi prede.
Per capirci qualcosa di più, facciamo una sorta di veloce riassunto sulle armi utilizzate nel passato. La fabbricazione di strumenti di pietra avvenne circa 3 milioni di anni fa e gli umani iniziarono a cacciare circa 2 milioni di anni fa. Con Homo erectus abbiamo, in sostanza, una lancia in legno che serve per essere conficcata "da vicino" a una grande preda, mentre Homo sapiens e Neanderthal, grazie alla tecnica Levallois citata prima, migliorano quest'arma che viene utilizzata sia per "spingere" gli animali verso le trappole, sia per lanciarle (quindi rischiando meno di lasciarci la pelle). Con Homo sapiens assistiamo, infine, alla realizzazione di archi e frecce circa 50.000 anni fa e, nel Paleolitico Superiore (circa 25.000 anni fa), entra in gioco anche la domesticazione dei cani, che aiuteranno l'uomo nella caccia stanando le più disparate specie. Senza dimenticare la comparsa degli ami e di altri svariati strumenti.
Tutto questo che ho elencato serve per far capire che questa successione, fino a qualche tempo fa, era la spiegazione più "semplice" per dimostrare che con l'aumento della cognizione nella nostra specie vi è stato un miglioramento delle armi, ma non è proprio così (anche grazie a questo studio). Il tutto sarebbe legato alla dieta: infatti gli autori citano l'esempio dell'elefante, in quanto è stato un pasto che ha caratterizzato la dieta del genere Homo fino a 300.000 anni fa circa, periodo della scomparsa di questo animale nel Medio Oriente. La scomparsa dell'elefante funge da "pressione evolutiva", spingendo gli esseri umani a trovare il modo per ottenere la stessa quantità di proteine e nutrienti, concentrandosi sugli animali più piccoli (naturalmente significa cacciarne molti per arrivare a un apporto simile a quello di un elefante). Questo è il risultato di uno studio del 2022 che ci fornisce alcuni punti interessanti:
in un periodo compreso tra 1,5 milioni e 20 mila anni fa, la preda dominante all'inizio di questo periodo era un elefante di 12 tonnellate circa, mentre alla fine la "preda tipo" era una gazzella di 25 kg;
i dati indicano che il peso medio degli animali cacciati fino a un milione di anni fa era di circa 1 tonnellata, mentre in periodi più recenti scendiamo fino ai 50 kg circa, 20 mila anni fa.
Questo ha portato a pensare che la dimensione delle prede abbia giocato un ruolo importante nell'evoluzione umana: ci si nutriva di animali grandi, in assenza degli stessi l'uomo si concentrava su animali più piccoli e, alla fine, in assenza anche di animali piccoli, l'uomo incominciò ad addomesticare piante e animali fino ad arrivare al Neolitico (più o meno) con l'agricoltura. O meglio, questo riesce a spiegare anche la comparsa di cibi a base di legumi o di altri vegetali che risultavano essere un ottimo pasto sostitutivo o integrativo, anche per popolazioni neanderthaliane.
Gli autori, poi, entrano nei soliti discorsi sull'intelligenza e sulle capacità cognitive, in quanto questi dati dimostrerebbero che la caccia alle piccole prede abbia selezionato umani in grado di costruire armi specializzate per cacciare "da lontano", umani più attenti e concentrati sulla preda, in grado di seguirne le tracce e di imparare come catturarla. Una sorta di "paleo-etologi" molto pazienti. Questo indica che le prede piccole dovessero, in qualche modo, garantire un'assunzione a livello energetico simile a quello di un grosso mammifero, ed è in questo modo che gli autori propongono che la diminuzione di taglia degli animali sia stata una pressione evolutiva che ha selezionato umani con capacità cerebrali più sviluppate, tali da garantire un ritorno energetico che coprisse l'investimento nella caccia di animali... non proprio facili da catturare.
Fonte: Ben-Dor, M., & Barkai, R. (2023). The Evolution of Paleolithic Hunting Weapons: A Response to Declining Prey Size. Quaternary, 6(3), 46.
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