Evolution never sTOPS!

a monkey sitting on top of a tree branch

La perdita della coda nel lignaggio umano (e non solo!)

L'uomo è un primate privo di coda, e man mano le ricerche stanno restituendo informazioni interessanti sulla perdita di questo "quinto arto".

ANTROPOLOGIA FISICA: IL BACINO

9/13/20252 min leggere

La questione della coda è molto interessante poiché fino al 2024 non si conoscevano le implicazioni genetiche che hanno portato alla perdita della coda, la quale era comune anche nei progenitori dei primati ben 65 milioni di anni fa. La perdita sembra essere coincisa con la scissione di due macrogruppi: primati dotati di coda (lemuri, tarsi, ecc.) e le cosiddette scimmie antropomorfe. Esistono una trentina di geni che, nella fase embrionale, si attivano nelle cellule staminali e portano alla formazione dei tessuti muscolari e ossei nella porzione terminale della colonna vertebrale. Dal confronto tra cinque specie di scimmie antropomorfe prive di coda, come scimpanzé, gorilla, bonobo, gibboni e orangutan, e otto specie di scimmie con la coda, è emerso che esiste una spiegazione biologico-evoluzionistica.

La perdita della coda, essendo per molti primati anche una sorta di "arto extra" che svolge un ruolo di stabilizzatore quando un primate salta da un ramo all'altro, sembra aver giocato un ruolo nel bipedismo, sia obbligato negli esseri umani che facoltativo nella quasi totalità delle scimmie antropomorfe e negli ominini estinti. Alcuni scienziati hanno analizzato la sequenza dei geni che sembrano essere legati alla perdita della coda presente in diversi primati. Inizialmente, sono stati analizzati gli esoni, ovvero quelle regioni del DNA che svolgono un ruolo nella codificazione delle proteine. In sostanza, non sono state rilevate differenze nelle sequenze codificanti, estendendo l'analisi agli introni, sequenze che in genere interrompono quelle codificanti. Nei primati privi di coda è presente il gene tbxt, il quale presenta una mutazione provocata da un singolo trasposone, un elemento in grado di spostarsi da un sito all'altro del genoma, rendendo attivi o inattivi i geni nei quali si inserisce. Questo cambiamento ha comportato la produzione di una nuova proteina che ha determinato la comparsa di code corte o la loro scomparsa in animali tra cui gatti, topi ed altri mammiferi. Tuttavia, nello studio è stato notato che i topi che esprimevano alti livelli del gene TBXT privo dell'esone 6 presentavano anche difetti nello sviluppo del tubo neurale.

Quindi, questo evento ha comportato la perdita della coda nelle scimmie antropomorfe, ma ha anche portato ad un aumento dei rischi e dei difetti legati allo sviluppo del tubo neurale, una struttura che svolge un ruolo cruciale nella formazione del sistema nervoso centrale. Il difetto riscontrato nei topi è simile alla condizione conosciuta come "spina bifida", non poco comune nell'uomo. Quindi, questo cambiamento deve essere stato influenzato da qualche pressione selettiva in grado di selezionare individui privi di coda, ma che presentano un alto rischio di sviluppare questa malformazione congenita (che colpisce circa un neonato su 1000). Insomma, questo è sicuramente un "compromesso" evolutivo molto interessante in quanto la mutazione del gene TBXT comporta un maggior tasso di malformazioni o difetti legati alla colonna vertebrale durante lo sviluppo embrionale, ma sembra essere stato un prezzo "ragionevole" che ha permesso alla stragrande maggioranza delle scimmie antropomorfe di muoversi in modo bipede (facoltativo), un vantaggio che si è poi dimostrato vantaggioso anche negli ominini con un bipedismo obbligatorio.

Fonte: Xia, B., Zhang, W., Zhao, G. et al. On the genetic basis of tail-loss evolution in humans and apes. Nature 626, 1042–1048 (2024).