Evolution never sTOPS!
La più antica collezione museologica neanderthaliana
Era una specie molto complessa, e collezionava anche reperti. Si tratta di una vera e propria collezione, simile a quelle degli odierni musei.
NEANDERTHAL: ARTE E SOCIETÀ
9/12/20252 min leggere
Alberto Angela, nel suo libro Musei (e mostre) a misura d’uomo, scrisse a pagina 18 “in una grotta occupata da gruppi di cacciatori neanderthaliani, infatti, sono stati ritrovati allineati un grosso cristallo di quarzo, la conchiglia di un gasteropode marino e un frammento di corno di un cervide. Ci sfugge quale fosse il significato di un raggruppamento così eterogeneo di oggetti. Non è da escludere che venissero loro attribuite qualità magiche. Tuttavia, ammesso che non si tratti di una aggregazione casuale di oggetti) lo si può considerare come la più antica collezione naturalistica finora ritrovata, e dal punto di vista concettuale forse l’antenato dei nostri moderni musei di Scienze Naturali”.
Questo libro ha più di 30 anni e, per essere onesti, non sono riuscito a trovare il lavoro a cui fa riferimento Alberto Angela. Tuttavia, è interessante notare che potrebbe gettare luce su questa sorta di "mania del collezionismo" del Neanderthal. Nella grotta di Cuevas Des-Cubierta, in Spagna, nella regione di Madrid, sono stati rinvenuti crani di un numero di erbivori antichi risalenti a circa 40.000 anni fa, assieme a ossa, strumenti e i resti di un bambino neanderthaliano di 3-5 anni.
Le ossa sono state ritrovate sparse sul pavimento del sito, e la particolarità risiede nella presenza di questi grandi crani (non teschi), estratti accuratamente dai rispettivi corpi e successivamente lavorati attraverso il fuoco o con l'ausilio di alcuni strumenti. Si tratta di 35 crani appartenenti a 28 bovidi (uri e bisonti), 5 cervidi e 2 rinoceronti, e sembrano essere stati sistemati lì deliberatamente.
Questi crani probabilmente sono stati lasciati lì come "ricordo", e ciò sembra essere confermato dalla mancanza di mandibole e denti, oltre alla presenza di tracce di lavorazione. Molto probabilmente, i neanderthaliani lavoravano le carcasse fuori dalla grotta, rimuovendo i crani, e successivamente, all'interno della grotta, procedevano alla rimozione del cervello.
La particolarità di un lavoro del genere, con la sola preservazione del cranio, è molto rara nei gruppi di cacciatori-raccoglitori, sia antichi che recenti, soprattutto perché i crani non sono considerati particolarmente "nutrienti". L'assenza di carne, l'accumulo dei reperti in un arco temporale relativamente ridotto e la perfetta conservazione delle corna, fanno pensare che possa trattarsi di una sorta di "sala dei trofei", o che i crani potessero essere utilizzati in qualche rituale (propiziatorio o di iniziazione). Insomma, non si sa con certezza quale sia il significato di questo accumulo, ma è evidente che potrebbe rappresentare una forma di espressione simbolica che mirava a mettere in relazione il Neanderthal con il mondo naturale.
Il ritrovamento di una moltitudine di strumenti litici, e di crani che presentano segni di percussione e taglio (con alcuni di essi associati a focolari), indica che la presenza nella grotta e l'accumulo intenzionale di queste ossa fosse un comportamento culturale trasmesso da generazione in generazione, come confermato anche dalla stratigrafia. Questo ritrovamento sottrae un altro primato alla nostra specie, poiché si pensava che Homo sapiens (anatomicamente moderno) fosse stata la prima specie a collezionare crani rimaneggiati.
Fonte: Baquedano, E., Arsuaga, J.L., Pérez-González, A. et al. A symbolic Neanderthal accumulation of large herbivore crania. Nat Hum Behav 7, 342–352 (2023).
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