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La Venere di Willendorf
E' con molta probabilità il reperto preistorico più conosciuto, sia per i possibili significati legati a questa statuetta sia per il periodo nel quale venne elaborata.
SAPIENS: ARTE E SOCIETÀ
9/19/20254 min leggere
Questa vera e propria opera d’arte è antica di almeno 30.000 anni e venne scoperta nel 1908, grazie a degli scavi di stampo preistorico che si svolsero nei pressi di Vienna. La prima particolarità è che quest’opera era ricoperta da un pigmento di colore rossastro, che accidentalmente è stato eliminato durante la pulizia del reperto stesso. Ahimè, sia in ambito archeologico che paleontologico, alcuni dati sono andati perduti proprio perché prima i ricercatori non ponevano grosse attenzioni sul contesto geologico e sugli elementi che eventualmente ricoprivano i reperti.
Comunque, si tratta di una donna senza volto. La testa è leggermente inclinata verso il basso e su di essa sono presenti delle sorte di linee frastagliate che potrebbero rappresentare i capelli, o anche un’acconciatura caratterizzata da trecce o da riccioli. Oltre ai vari reperti trovati in tanti altri siti che mostrano che anche il Neanderthal si adornava con oggetti o pigmenti, non è difficile pensare che anche i capelli subissero delle modifiche di abbellimento a quel tempo. Le caratteristiche che forse la rendono famosa sono la grandezza dei seni e un ventre relativamente abbondante, con cosce robuste e priva di piedi.
Di per sé, non dovrebbe essere chiamata nemmeno “Venere”, ma in qualche modo si fa riferimento alla figura divina della Venere romana che è simbolo di fertilità (essendone la dea) e di bellezza; pertanto, per i ricercatori non è stato difficile associare la statuetta alla dea romana. La particolarità è che questa statuetta non è originaria di Willendorf, ma è stata scolpita da una roccia calcarea che non è presente vicino al villaggio preistorico austriaco. In tutta Europa sono state rinvenute, al momento, circa 200 statuette molto simili e non è ancora chiaro il motivo della loro produzione, soprattutto in un periodo caratterizzato da glaciazioni. Di recente, anche grazie a scansioni 3D che hanno permesso di fare una vera e propria radiografia alla statuetta, è stato scoperto che la stessa è composta da calcare oolitico. Sostanzialmente, è un sedimento ricco di sferette calcaree che si formano per precipitazione di aragonite attorno a un nucleo carbonatico o terrigeno e si forma generalmente in acque calde di climi tropicali e in ambienti di piattaforma carbonatica.
Queste strutture d’origine sedimentaria non sono presenti nelle vicinanze di Willendorf ma potrebbero provenire dall’attuale Repubblica Ceca o Ucraina. Tuttavia, le somiglianze più significative provengono da campioni dell’Italia Settentrionale e, con molta probabilità, il materiale potrebbe provenire dal sud delle Alpi. Quindi, la statuetta potrebbe essere stata creata in Italia per poi essere trasportata nell’attuale Austria, oppure potrebbe essere stata trasportata la materia prima per poi essere modellata in tempi successivi. La statuetta, comunque, venne scolpita durante l’ultima era glaciale ed è associata al popolo Gravettiano, cacciatori-raccoglitori che con molta probabilità si diffusero dall’Europa centrale in tutto il continente, anche se in modo molto lento. Infatti, è stato ipotizzato che le popolazioni gravettiane si spostassero di 1 km all’anno e probabilmente non abbiano incontrato altre popolazioni Sapiens o altri ominini. Studi genetici e la scansione di alcuni crani indicano che le popolazioni gravettiane a livello biologico non erano molto diverse e che anche la cultura era condivisa tra le varie popolazioni e poco soggetta a variazioni. Vari oggetti simbolici, proprio come le statuette, indicano che tra le popolazioni gravettiane vennero mantenute reti solide, sia per quanto riguarda lo scambio d’informazioni che di idee e tecnologie.
Le circa 200 statuette sono perlopiù di origine calcarea, alcune sono anche d’avorio, e la Venere di Willendorf è l’unica al momento ad essere stata realizzata da calcare oolitico. Non si sa se questo materiale sedimentario abbia avuto un significato particolare. È noto che la statua aveva un significato condiviso tra le varie popolazioni gravettiane e che buona parte dei ricercatori indica che le Veneri possano essere legate alla fertilità, poiché caratterizzate da forme che possono ricordare quelle di una donna incinta o che allatta. Altri ricercatori, invece, pensano che le statuette abbiano assunto un significato un po’ più erotico, poiché la statuetta venne scolpita durante l’era glaciale, quando il clima era abbastanza rigido, e una forma come quella (non comune a quel tempo) era apprezzata, soprattutto per via del grasso in eccesso che poteva simboleggiare una buona resistenza al freddo. In fin dei conti, la Venere con le sue forme poteva rappresentare una sorta di standard irraggiungibile per le donne dell’epoca. Una ricerca del 2011, invece, indica che la Venere possa rappresentare una donna adulta di mezza età, “matura”, che mostrava un corpo ben nutrito e che rappresenta una donna che ha dato alla luce svariati bambini. A quel tempo, come anche in tempi recenti, sopravvivere a una gravidanza non era la norma, così come il raggiungimento di un’età ragguardevole. Rappresenta una donna che è sopravvissuta alle intemperie dell’epoca, ma è anche vero che le varie interpretazioni potrebbero essere influenzate dalla nostra visione “moderna”; pertanto, è possibile che il significato possa essere stato un altro.
Fonti:
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Garate D, Rivero O, Rios-Garaizar J, Arriolabengoa M, Intxaurbe I, Salazar S (2020) Redefining shared symbolic networks during the Gravettian in Western Europe: New data from the rock art findings in Aitzbitarte caves (Northern Spain). PLoS ONE 15(10): e0240481.
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