Evolution never sTOPS!

a man and a woman standing next to each other

L'evoluzione della pigmentazione nell'uomo...

...e le possibili (e future) implicazioni dal punto di vista medico e culturale.

ANTROPOLOGIA FISICA: LA PIGMENTAZIONE

9/13/20255 min leggere

Questo è un post abbastanza lungo in quanto parla di un argomento molto importante incentrato sulla pigmentazione della pelle e sulle implicazioni che ha avuto, ahimé, dal punto di vista storico per classificare gli umani in gruppi distinti. Gli autori, grazie ad una moltitudine di studi, parlano in primis dell'evoluzione della pigmentazione e della sua variabilità nelle varie popolazioni, dell'uso improprio delle conoscenze dermatologiche scrivendo una sorta di "recensione", con lo scopo di esaminare tutti i fattori che hanno portato ad avere una percezione distorta di questo straordinario adattamento.

Per quanto possibile, riassumerò brevemente i vari paragrafi ma vi consiglio di leggere la pubblicazione originale in quanto offre davvero uno spunto di riflessione senza eguali. Anche perché, trovate tutti gli altri articoli utilizzati (e citati) in questo grande lavoro.

Bene, incominciamo!

La pigmentazione della pelle è la caratteristica umana più variabile, e questo ha portato nel corso del tempo a classificazioni che non hanno una base scientifica. Questo perché il pigmento della melanina, l'elemento più importante quando si affrontano questi discorsi, in base alla sua "quantità", può determinare la variazione e la tonalità del tegumento. Insomma, le varie classificazioni 'razziali' sono state sempre costruire in base alla differenza 'esteriore', in base al fenotipi in sostanza, quindi ad una diversa espressione di alcuni geni che sono presenti in tutti gli esseri umani. Questa cosa dal punto di vista scientifico e biologico è impensabile in quanto, tranne nel caso della paleontologia e in altri estremamente rari in zoologia o botanica, una specie non viene classificata in base al fenotipo ma in base alla presenza o assenza di certi geni, in base alla compatibilità sessuale, ecc.

Che cos'è la melanina?

E' un pigmento prodotto da cellule cutanee altamente specializzate chiamate 'melanociti'. Queste cellule sono distribuire lungo la giunzione tra l'epidermide e il derma, e sono circondate da cheratinociti, cellule dendritiche contenenti organelli chiamati melanosomi che sono importanti per la sintesi, il trasporto e l'immagazzinamento della melanina all'esterno.

In questo discorso, senza aggiungere altri dettagli biologico-fisiologici, è importante il numero di melanociti:

  • è abbastanza costante in tutte le pelli pigmentate;

  • la dimensione e la distribuzione dei melanosomi sembrano avere un ruolo nell'aspetto 'finale' e del colore della pelle umana;

  • una pelle altamente pigmentata contiene fino a cinque volte in più melanosomi rispetto ad una pelle meno pigmentata;

  • una pelle altamente pigmentata è caratterizzata da melanosomi più grandi e 'dispersi' nell'epidermide rispetto ad una pelle chiara;

  • una pelle altamente pigmentata è caratterizzata da melanosomi che tendono ad essere trasferiti individualmente ai cheratinociti circostanti, mentre i melanosomi della pelle chiara vengono trasferiti in gruppo legati alla membrana.

Quando si è sviluppata e che funzioni svolge?

E' una storia relativamente lunga e non è una caratteristica che è comparsa "dall'oggi al domani", ma accompagna gli ominini da circa 8-7 milioni di anni. E' sempre stato uno straordinario adattamento a condizioni climatiche, ma la maggior parte dei ricercatori sostiene che l'antenato comune, o comunque i primi ominini appartenenti al lignaggio "umano", avessero una pelle chiara sotto folti peli neri, come negli attuali scimpanzé.

Circa 4-3 milioni di anni da, si verificò un aumento della siccità in Africa e questo fenomeno climatico parrebbe essere legato alla comparsa di ominini, come le australopitecine, capaci di vivere vivere anche in habitat aperti, come la savana, abbandonando (almeno in parte, come ci insegnano i parantropi) la vita sugli alberi. Questo in qualche modo ha esposto maggiormente questi ominini ai raggi solari, senza tenere conto che la locomozione "per terra" (bipedismo obbligato o facoltativo) espone il corpo degli ominini ad una serie di rischi, quali il surriscaldamento. Ne ho parlato ampiamente nel post sui 'capelli', che si sono dimostrati un adattamento strepitoso proprio per queste situazioni, ma eviterò di aggiungere altri 'particolari'.

Il problema si pone quando compaiono specie capaci di 'correre' a mo di maratoneta, come nel caso di Homo erectus in quanto, alcuni modelli fisiologici, fanno notare che con la comparsa della 'corsa' vi è una diminuzione volumetrica dei peli e della perdita della loro funzione termoregolativa. Questo perché sono stati selezionati organismi privi di una "folta" copertura, e ciò ha permesso a questi individui "poco pelosi" di aumentare la perdita di calore e di 'mantenere stabile' la temperatura corporea con il sudore. Già da Homo ergaster, circa 2-1,6 milioni di anni fa circa, si assiste ad un aumento delle ghiandole sudoripare eccrine. Sono quelle che, in sostanza, grazie a terminazioni nervose, secernernono sudore quando la temperatura esterna o quella corporea è elevata.

Ritorniamo ad H. erectus. La quesione si fa leggermente spinosa, 'fisiologicamente' parlando, in quanto incominciò a diffondersi fuori dall'Africa circa 1,9 milioni di anni fa, ma recenti studi indicano che questa specie preferì aree a basse o medie latitudini e con climi relativamente caldi, quindi l'attenzione si sposta sulla nostra specie in quanto è stata l'unica a popolare latitudini 'non tropicali'. La popolazione di Homo sapiens è quella caratterizzata da cambiamenti più marcati per quanto riguarda il pigmento, proprio perché ambienti diversi hanno selezionato (chi già possedeva certe caratteristiche) tante e diverse popolazioni tali da permettere alla nostra specie di diffonderci in tutto il mondo. In parole povere, siamo la specie umana caratterizzata da un'espressione maggiore e diversificata della pigmentazione.

L'evoluzione della pigmentazione comprende molti geni: SLC24A5, SLC45A2, MC1R, TYR, TYRP1 e OCA2. In sostanza, questi geni sono stati caratterizzati da varianti e mutazioni tali da permettere una selezione positiva delle popolazioni asiatiche ed europee. Vediamo alcuni punti un po' più velocemente:

  • nelle aree 'non tropicali', la bassa esposizione alla luce solare è stata 'contrastata' da una pelle altamente pigmentata;

  • la pigmentazione non è solo una sorta di 'scudo' contro i danni dei raggi UV, ma anche un'importante difesa che evita la dissipazione del calore e della carenza di vitamina D.

Il problema della scala di Fitzpatrick

L'uomo ha da sempre avuto la necessità di classifìcare qualsiasi cosa, e ciò si concretizzò prima con Aristotele, che classificava gli esseri viventi in base al colore del sangue, e poi con Linneo che classificò ogni essere vivente con Genere e specie. Solo che, per quanto riguarda l'uomo, inizialmente sono stati usati dei metodi sociali e non biologici per classificare le varie popolazioni umane. Se dal punto di vista biologico non si hanno più dubbi per quanto concerne il concetto di 'razza', in medicina la necessità di classificare i pazienti è, ahimé, sempre costante perché il colore della pelle aiuta, soprattutto in dermatologia.

Vi risparmio un po' la storia delle classificazioni umane, che riprenderò in altri articoli, ma è giusto soffermarsi sulla classificazione di Fitzpatrick in quanto utilizza una 'scala di colori della pelle' per identificare certi gruppi in base alla capacità di scottarsi e abbronzarsi dopo una buona radiazione di raggi UV. E' una scala accettata dai dermatologi, ma la sua validità per quanto riguarda la gradazione della pigmentazione è abbastanza controversa.

Diversi recenti studi medici indicano che questa scala non ha nessuna validità, tenendo conto anche dei dati evoluzionistici, ma recentemente è stata modificata la scala Fitzpatrick utilizzando la tecnica della spettrofotometria in riflettanza come strumento più oggettivo. Oppure, altri ricercatori hanno presentato una nuova scala: Eumelanin Human Skin Color Scale" (EHSCS), utilizzando l'eumelanina come 'fattore classificativo'. Un altra classificazione oggettiva, che sta avendo anche un discreto successo, è stata possibile anche grazie progetto Humanae. In questo caso ci si è posti come scopo quello di

raccogliere ritratti di persone con diverse tonalità di colore della pelle osservate in tutto il mondo, sviluppati con metodi più inclusivi e appropriati. Fortunatamente, la comunità scientifica sta lavorando a questo scopo.

Nella ricerca sono elencate un sacco di notizie e ricerche che mostrano un po' l'evoluzione del pensiero scientifico (e non solo!) per quanto riguarda il colore della pelle. Con tutti i dati a nostra disposizione, senza entrare nei dettagli di ciò che è accaduto nel secolo scorso, soprattutto prima e durante la seconda guerra mondiale con le 'leggi razziali', è impossibile 'falsificare' le conoscenze pregresse in favore di qualche ideologia in quanto, anche grazie e soprattutto al progetto The 1000 Genomes Project Consortium 2000 (ne ho parlato tempo fa. Trovate il link nei commenti).

Inoltre, vengono elencate anche varie patologie ed argomenti che non è possibile elencare qui (anche dopo tutto quello che ho scritto), ma scriverò un articolo apposito sul sito internet a breve. Gli autori, per concludere, affermano che è molto importante eliminare pregiudizi e preconcetti quando si parla di pigmentazione, soprattutto perché può esserci il rischio di sottovalutare qualche potenziale malanno, quindi bisogna star attenti a tutte le tipologie di pelle.

La percezione del colore della pelle influisce negativamente sull'assistenza sanitaria, e superare le barriere del razzismo significa anche avere più cura per tutti gli esseri umani.

Fonte: Mosca, S., & Morrone, A. (2023). Human Skin Pigmentation: From a Biological Feature to a Social Determinant. Healthcare, 11(14), 2091.