Evolution never sTOPS!

L'uomo di Piltdown

Esistono varie truffe nel mondo della paleontologia, ma la più famosa rimarrà quella dell'Uomo di Piltdown.

EVOLUZIONE UMANA: TRA MITI E FAKE NEWS

Mattia Papàro

11/8/20242 min leggere

Siamo agli inizi del 900. Da meno di 30 anni (1864) è stato scoperto il primo cranio di Neanderthal, nel 1894 invece ad essere scoperto fu Homo erectus, e successivamente vennero scoperte le prime australopitecine in Africa. Insomma, l'evoluzione umana e la paleontologia in generale erano i temi scientifici più caldi all'epoca, tant'è che bastava trovare un fossile leggermente diverso da quello di altri gruppi per essere identificato come "appartenente ad una nuova specie".

Il problema più grande nell'evoluzione umana era risolvere il problema "anello mancante" tra l'uomo e la scimmia. Ma l'evoluzione biologica era ancora neonata e studi più approfonditi sui geni, sulla filogenesi e sulle mutazioni sarebbero arrivati più tardi (ricordando che non esiste nessun anello mancante). Tant'è che questa truffa si risolse solo nel 1953, ben 40 anni dopo dall'annuncio di questa discutibile scoperta.

I ritrovamenti consistevano in alcuni frammenti del cranio e dell'osso mandibolare, apparentemente ritrovati nella cava di Piltdown nell'East Sussex. Il presunto scopritore fu Charles Downson che battezzò la specie Eoanthropus dawsoni in suo onore.

Il 18 Dicembre 1912 si tenne presso la Geological Society of London la presentazione di questa nuova e intrigante specie con la ricostruzione di un cranio completo: era molto simile a quello di Homo sapiens fatta eccezione dell'occipite e della dimensione del cervello, mentre la mandibola era indistinguibile da quella di uno scimpanzé se non per due molari che erano identici a quelli dell'uomo.

Insomma, è un ominide che si trova a metà tra scimmia e uomo e venne proposto come "anello mancante" (termine che ormai non è più in uso e non ha una validità scientifica da decenni, ma al tempo era ancora un punto fermo per lo studio dell'evoluzione umana), capace di congiungere i due mondi.

Ma a quel tempo la ricostruzione fu comunque messa in dubbio: al Royal College of Surgeons una copia degli stessi frammenti venne assemblata in modo diverso, così diverso da essere ridefinito Homo piltdownensis; nel 1913 una pubblicazione su Nature, da parte di David Waterson del King's College London, affermò che la mandibola appartenesse ad una scimmia e il cranio ad un uomo, con lo zoologo Gerrit Smith Miller che 1915 identificò la mandibola come appartenente ad un orangutan.

Non cambiò nulla per decenni fino al 1953 quando il Time pubblicò le prove fornite da Kenneth Page Oakley, Sir Wilfrid Edward Le Gros Clark e Joseph Weiner indicando come in realtà fosse un reperto contraffatto, composto da componenti appartenenti a 3 specie differenti: il cranio era di un uomo del Medioevo, la mandibola di un orango e alcuni denti di uno scimpanzé.

La truffa ebbe un tale successo, anche se accettata in modo anche frettoloso senza ulteriori studi, per un presunto orgoglio nazionalista inglese che spostò l'origine dell'uomo in Eurasia e non in Africa.

Questa truffa danneggiò la paleontologia per 40 anni in quanto tutti si focalizzarono su questa falsa scoperta straordinaria che condusse in un vicolo cieco, e non ricevettero le giuste attenzioni anche le scoperte di Australopithecus in Africa per studiare il ramo evolutivo dell'Uomo di Piltdown.

Immagine presa da Wikipedia (Autore: Anrie)