Evolution never sTOPS!

Nuove possibili collocazioni temporali delle australopitecine e soprattutto del “Bambino di Taung” (e non solo!)

Le australopitecine sudafricane ci stanno regalando, in questi ultimi anni, tante informazioni e, man mano che emergono nuovi dati, riusciamo a fare un quadro della situazione sempre più preciso (o meglio, si riduce sempre di più il margine d’errore).

IL GENERE 𝘼𝙪𝙨𝙩𝙧𝙖𝙡𝙤𝙥𝙞𝙩𝙝𝙚𝙘𝙪𝙨IL GENERE 𝙃𝙤𝙢𝙤PARANTHROPUS

9/28/20252 min leggere

Le australopitecine sudafricane ci stanno regalando, in questi ultimi anni, tante informazioni e, man mano che emergono nuovi dati, riusciamo a fare un quadro della situazione sempre più preciso (o meglio, si riduce sempre di più il margine d’errore).

Partiamo dal principio. Il Bambino di Taung venne scoperto nel 1924 in Sudafrica e fu attribuito alla specie Australopithecus africanus. La peculiarità di questo fossile è proprio il fatto di essere stato trovato a Taung, che assieme a Sterkfontein e Makapansgat rappresenta un sito chiave, in quanto è in questi luoghi che si ha la più alta diversificazione delle australopitecine.

Ma, come ben sapete, alcune volte la datazione non risulta essere precisissima, e questo è dovuto ad alcuni caratteri dei reperti che, in base alla loro composizione, possono darci informazioni più o meno precise.

In questo caso, rispetto ad alcuni studi precedenti del 2022 (e non solo!), è stato utilizzato un metodo biocronologico basato sui denti, analizzando direttamente i molari inferiori (M1), mettendo a confronto il diametro mesiodistale e quello bucco-linguale, analizzando campioni provenienti perlopiù da A. afarensis, H. habilis, H. rudolfensis e H. erectus.

I primi risultati sono interessanti, perché 19 fossili provenienti da Sterkfontein presentano un’età media stimata di 2,76 ± 0,40 Ma (400.000 anni come margine d’errore è davvero poco!), inclusi in un range temporale di circa 1,83–3,50 milioni di anni.

Grazie a questo approccio sono state calcolate le seguenti età:

  • Il Bambino di Taung: 2,58 Ma;

  • Gli individui di Makapansgat (MLD 2: 3,07 Ma e MLD 40: 3,00 Ma);

  • Sterkfontein: Stw 151 (early Homo) 1,82 Ma e Sts 9 (forse Homo): 2,03 Ma.

Entriamo leggermente nel dettaglio

Sono state proposte diverse ipotesi evoluzionistiche che abbracciano tutti quei fossili e individui datati tra i 3,5 e 1,5 Ma.

In primis, gli autori propongono una sorta di “linea evolutiva continua” che abbraccia il range temporale citato prima (circa 3,5–1,5 milioni di anni), senza proporre confini tassonomici netti, né tra generi né tra specie. Questo perché A. afarensis e A. africanus sono di per sé contemporanei tra circa 3,0 e 3,5 milioni di anni fa, e i ricercatori non escludono che possa esserci stato qualche episodico accoppiamento (flusso genico episodico) proprio tra queste due specie.

Forse favorito da variazioni climatiche che, in certi periodi, hanno aperto e chiuso le cosiddette foreste di Miombo, una vasta regione di praterie tropicali, savane e arbusteti situata tra Africa centrale e meridionale, tra Zimbabwe, Zambia e Malawi.

Inoltre, il cosiddetto A. prometheus (non propriamente considerata una specie valida) e A. africanus coesistettero tra 3,5 e 2,5 milioni di anni fa. Inoltre, non ci sarebbe stata alcuna netta separazione tra A. africanus e il cosiddetto “early Homo” tra 1,8 e 2,2 milioni di anni fa.

E dal punto di vista paleontologico, cosa se ne deduce?

In parole povere, il cosiddetto “Miombo woodland” avrebbe agito come barriera episodica per le varie faune di ominini, soprattutto tra A. africanus e A. afarensis. Inoltre, il clima ha regolato, in un modo o nell’altro, la migrazione di gruppi quali alcelafini, Theropithecus e degli ominini tra il Sud e l’Est dell’Africa.

Ciò vuol dire che, comunque, il metodo biocronologico basato sui denti fornisce datazioni pressoché affidabili, soprattutto in siti che presentano una stratigrafia complessa, come nel caso di Sterkfontein, dove vennero utilizzati esplosivi.

Inoltre, i ricercatori supportano una sorta di “transizione graduale” e non lineare tra il genere Australopithecus e il genere Homo, come del resto era ipotizzabile, visto che ad un certo punto condivisero gli stessi spazi Homo erectus, il genere Paranthropus e Australopithecus sediba (inizialmente indicato come antenato comune tra Homo e Paranthropus).

Fonte: Thackeray, F., & Dykes, S. (2023). Biochronological ages for South African Australopithecus and a Plio-Pleistocene African hominin lineage (1.5–3.5 Ma)? The Digging Stick, 40(1), 11–12. South African Archaeological Society.