Evolution never sTOPS!

a large green field with a mountain in the background

Retrodatiamo l'arrivo di 𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙨𝙖𝙥𝙞𝙚𝙣𝙨 nel sud-est asiatico

L'arrivo della nostra specie nel sud-est asiatico è stato retrodatato ad almeno 86.000 anni fa. E di conseguenza anche l'arrivo in Australia è stato "precoce".

SAPIENS: SUDEST ASIATICO E AUSTRALIAUOMO: PRESSIONI EVOLUTIVE E ADATTAMENTO

8/29/20253 min leggere

Ciò che caratterizza la nostra specie è questo continuo migrare un po’ ovunque nel mondo ma, a differenza di altre specie, siamo riusciti ad arrivare in ogni continente. L’Asia, e soprattutto il sud-est asiatico, è stato un crocevia di specie umane, ma la nostra arrivò anche in Australia grazie a una moltitudine di “ponti di terra” (o di mare) che si formarono in seguito ai fenomeni glaciali, i quali permisero il passaggio in terre che, normalmente, sono irraggiungibili. Proprio come l’Australia.

Quello che fa sempre un po’ sorridere, soprattutto a noi europei, è che Homo sapiens arrivò prima in Australia; questo già si sapeva grazie a precedenti studi, come quello del 2017 nel quale si attestava l’arrivo dell’uomo circa 65.000 anni fa grazie alla datazione di alcuni manufatti (e non solo!). Comunque, ben prima dell’approdo in Europa.

Ora l’argomento si fa ancora più interessante perché, proprio nello studio del 2017, si parlava del fatto che alcuni reperti potessero essere datati anche a circa 80.000 anni. Con questo recente studio ci siamo andati abbastanza vicini: infatti, parliamo di reperti datati ad almeno 86.000 anni e rinvenuti nell’attuale Laos (vicino alla Thailandia). Questo fa pensare che altre isole, in genere “irraggiungibili”, possano essere state colonizzate ben prima di quanto ipotizzato (e di quanto indicato dai resti fossili).

Ci troviamo in una grotta carsica a nord del Laos, una nazione che risulta essere stata di grande importanza per il passaggio di specie umane nel sud-est asiatico e per l’arrivo della nostra in Australia. Sono stati rinvenuti frammenti di cranio con lineamenti smussati, che potremmo definire anche “delicati”. Questi frammenti, assieme a quelli di una gamba, sono stati datati tra gli 86.000 e i 68.000 anni circa.

Entriamo un pochino nei dettagli
I resti rinvenuti nella grotta di Tam Pà Ling sono molti, e questo permette di fare ricostruzioni anche dal punto di vista cronologico. Infatti, vennero trovati precedentemente solo alcuni resti datati ad almeno 46.000 anni fa circa. Per questo motivo sono state utilizzate molte tecniche di datazione che hanno permesso ai ricercatori di avere un quadro completo per quanto riguarda le migrazioni antiche e recenti delle popolazioni umane che si sono susseguite nella grotta.

Bene, alcuni fossili (TPL 6 e TPL 7) confermano la presenza di Homo sapiens tra i 70.000 e i 77.000 anni, e questo evidenzia in primis una precoce dispersione della nostra specie nel sud-est asiatico. I resti citati prima indicano che questa popolazione discendeva da un’altra più “gracile”, dal punto di vista morfologico, escludendo una mescolanza con popolazioni arcaiche locali.

Le tecniche di datazione utilizzate dai ricercatori, come lo studio isotopico dell’uranio (estratto da alcuni denti di mammiferi) e la datazione della luminescenza che ha permesso di datare granuli di quarzo (giusto per citarne un paio, perché sono molte), hanno permesso di capire che i sedimenti della grotta di Tam Pà Ling non si sono depositati in seguito a uno o a pochi eventi isolati, ma si tratta di una vera e propria successione di strati che si sono accumulati, cronologicamente parlando, per circa 86.000 anni in modo lento, graduale e stagionale.

Quindi, la presenza di varie “popolazioni” indica che alcune derivano da dispersioni precedenti, forse fallite, mentre altre potrebbero aver fatto “avanti e indietro” lungo questo passaggio. Insomma, non si tratta di un unico evento migratorio, ma di tanti eventi, e non tutti hanno avuto successo.

Dal punto di vista morfologico, i fossili presentano tratti un po’ diversi tra loro. I resti di mandibole (TPL 2 e TPL 3) presentano caratteri “grossolani”: infatti sono relativamente massicce e potrebbero essere state caratteristiche acquisite indipendentemente. Insomma, si tratta di evoluzione locale dovuta probabilmente a isolamento e deriva genetica, escludendo una possibile ibridazione con altre specie (soprattutto perché questi fossili sono molto diversi da quelli degli ominini arcaici).

Dal punto di vista ambientale, si tratta di individui relativamente “bassi” (ma non come le specie insulari) e sappiamo molto bene che popolazioni di bassa statura provengono da ambienti di foresta tropicale. Uno studio sugli isotopi di gusci di gasteropodi, raccolti sempre a Tam Pà Ling, suggerisce che le condizioni ambientali tra 71.000 e 57.000 anni erano simili al clima umido e alle condizioni boschive del Laos settentrionale. Insomma, nel Pleistocene medio e superiore si “ritorna” a una condizione boschiva.

Fonte testo e immagine:

  • Clarkson, C., Jacobs, Z., Marwick, B. et al. Human occupation of northern Australia by 65,000 years ago. Nature 547, 306–310 (2017).

  • Freidline, S.E., Westaway, K.E., Joannes-Boyau, R. et al. Early presence of Homo sapiens in Southeast Asia by 86–68 kyr at Tam Pà Ling, Northern Laos. Nat Commun 14, 3193 (2023).