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Stiamo perdendo i nostri geni neanderthaliani?

Buona parte degli esseri umani odierni possiede nel proprio genoma geni neanderthaliani. Sono sopravvissuti per migliaia di anni, eppure potrebbero sparire in futuro.

OMININI: INCROCI E GENETICASAPIENS: EREDITÀ "ESTERNE"

9/16/20254 min leggere

Ormai sappiamo, attraverso una miriade di ricerche, morte e miracoli sugli accoppiamenti Neanderthal-Sapiens, come per esempio che i primi accoppiamenti che produssero prole fertile risalgono a circa 250.000 anni fa. Il problema è che si trattava comunque di specie diverse, come indicato dal DNA mitocondriale, poiché i pochi accoppiamenti che generavano prole fertile furono rari e quegli ibridi non si accoppiarono con successo con entrambe le specie, permettendo a ciascuna di esse di acquisire geni dall'altra. Vediamo brevemente i due eventi biologici che hanno caratterizzato questo accoppiamento interspecifico:

  • Inincrocio o inbreeding: Con questo termine si indica l'incrocio tra individui strettamente imparentati o consanguinei, e qui si verifica il primo "problema" per chi vuole considerare il Neanderthal come una nostra sottospecie: il DNA mitocondriale delle due specie indica che non c'è stato praticamente alcun incrocio, mentre il DNA nucleare sì. Pertanto, considerando che il DNA mitocondriale viene trasmesso solo dalla madre ai figli (e le figlie a loro volta possono trasmetterlo alle generazioni successive), questo potrebbe farci comprendere che gli accoppiamenti potevano avvenire prevalentemente tra maschi Neanderthal e donne Sapiens, forse anche tra i sessi opposti ma in percentuale minore. Da qui comprendiamo il punto centrale del discorso: l'inincrocio tra le due popolazioni era molto basso. Cioè, non c'era un continuo incrocio tra le due specie e si stima che in un arco temporale di 10.000 anni siano avvenuti appena 200-400 eventi di inincrocio."

  • Introgressione: Come menzionato precedentemente, queste due specie si sono sporadicamente accoppiate. Ciò è dovuto alla presenza di barriere riproduttive, come la distanza genetica tra le due popolazioni, che hanno limitato gli accoppiamenti. Quei rari ibridi che nascevano, se fertili, si riproducevano con uno dei due genitori, non (necessariamente) con il genitore stesso, ma con un individuo non ibrido appartenente al lignaggio Sapiens o Neanderthal. Quindi, le popolazioni non si mescolavano e non diventavano omogenee a livello genetico, ma un ibrido, riaccoppiandosi con un genitore, permetteva di "rubare" i geni dell'altra popolazione. Grazie a questo fenomeno è stato possibile acquisire ed incorporare alcuni geni neanderthaliani (quell'1-3% famoso nelle popolazioni Eurasiatiche e in misura minore anche nelle popolazioni africane). Alcuni di questi geni hanno svolto un ruolo fondamentale per la nostra sopravvivenza, consentendoci di adattarci al freddo o di resistere a certi virus, mentre altri aumentano il rischio di alcune malattie (alcune ereditate proprio dal Neanderthal), come il Lupus, il Diabete di tipo II, il morbo di Dupuytren, e così via.

  • I fortuiti accoppiamenti tra Neanderthal e Sapiens erano relativamente rari, e con l'estinzione del Neanderthal non ci sono stati più incroci tra le due specie. Tuttavia, ciò ha permesso agli attuali umani di origine eurasiatica di conservare circa l'1-3% di geni neanderthaliani, suggerendo precedentemente una sorta di diluizione genetica nel corso del tempo. Si è pensato che, come per altri geni selezionati negativamente, i geni acquisiti nel corso del tempo andassero in parte persi. Tuttavia, una ricerca condotta nel 2019, alla quale ha partecipato il rinomato Svante Pabo, ha indicato che il DNA neanderthaliano ereditato non sta diminuendo nel corso del tempo, ma è rimasto stabile. A conferma di ciò, uno studio del 2023 sul morbo di Dupuytren ha mostrato che la distribuzione dei geni neanderthaliani non è del tutto casuale in Nord Europa, poiché questa malattia è diffusa in quest'area. Ciò suggerisce che i geni legati al morbo di Dupuytren possano essere considerati una caratteristica regionale. Si ipotizza che l'antico ceppo di Sapiens che migrò in queste terre sia stato caratterizzato da un certo isolamento, almeno per un certo periodo, che potrebbe aver favorito l'aumento della frequenza di questa malattia e dei geni neanderthaliani ad essa associati. Questo potrebbe spiegare perché circa il 30% dei norvegesi, dopo i 60 anni, presenti questa malattia.

Tornando alla ricerca in questione, non sembra che la percentuale di geni neanderthaliani sia significativamente diversa rispetto al Sapiens vissuto circa 45.000 anni fa. Questo perché molti di questi geni ci forniscono una protezione contro patogeni o ci hanno aiutato a sopravvivere in ambienti estremi. Pertanto, se certi geni sono vantaggiosi, non è probabile che vengano eliminati, così come non sarebbero persi altri geni dannosi, che sono comunque presenti in minor quantità. I geni non vengono trasmessi singolarmente ma come una sorta di “pacchetto”. Invece di essere gradualmente eliminati attraverso una selezione negativa, i geni acquisiti tramite il processo di introgressione sembrano essere stati mantenuti nel corso del tempo. Questo perché l'introgressione è un fenomeno comune in natura e gli individui “introgressi” mostrano un alto carico di mutazioni dannose nelle prime generazioni.

Tuttavia, prima che la selezione negativa potesse agire, un altro fenomeno deve essere intervenuto. Sapete quale? La miscelanza tra le popolazioni africane e non africane che, accoppiandosi, ha contribuito a mantenere stabile nel tempo la percentuale di geni, sia positivi che negativi/deleteri. Ciò suggerisce che se la nostra specie avesse subito i processi evolutivi che comportano la perdita di geni, come la deriva genetica o l'effetto fondatore, potremmo oggi avere una percentuale inferiore di DNA neanderthaliano, o addirittura averlo perso completamente.

Fonti:

  • Richard Ågren, Snehal Patil, Xiang Zhou, FinnGen, Kristoffer Sahlholm, Svante Pääbo, Hugo Zeberg. "Major Genetic Risk Factors for Dupuytren's Disease Are Inherited From Neandertals." Molecular Biology and Evolution, Volume 40, Issue 6, June 2023, msad130.

  • Mathias Currat and Laurent Excoffier. "Strong reproductive isolation between humans and Neanderthals inferred from observed patterns of introgression." Edited by Svante Pääbo. Max Planck Institute of Evolutionary Anthropology, Leipzig, Germany. Approved August 3, 2011 (received for review May 10, 2011). September 12, 2011. Proceedings of the National Academy of Sciences, 108(37), 15129-15134.

  • Armando G. M. Neves and Maurizio Serva. "Extremely Rare Interbreeding Events Can Explain Neanderthal DNA in Living Humans." Published: October 24, 2012.

  • Martin Petr, Svante Pääbo, Janet Kelso, and Benjamin Vernot. "Limits of long-term selection against Neandertal introgression." January 15, 2019. Proceedings of the National Academy of Sciences, 116(5), 1639-1644.