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Tra arte e botanica: La Primavera di Botticelli
Botticelli, oltre ad essere un grande artista, era anche un gran conoscitore delle varietà botaniche dell'epoca.
TRA ARTE E NATURA
Mattia Papàro
11/7/20243 min leggere
Durante il mio soggiorno a Firenze, ho avuto modo di visitare gli uffizi, ed ho visto dal vivo La Primavera di Botticelli, un'opera che un naturalista non può non conoscere. È un capolavoro realizzato nel 1482 e ha una particolarità: sono presenti più di 500 esemplari tra fiori, arbusti, erbe, alberi e vegetali. Si potrebbe definire La Primavera come "un grande erbario artistico di botanica", un'opera che rappresenta la rinascita di queste specie che fioriscono, crescono e sbocciano in primavera.
Ci sono alcune specie rappresentate con rimandi simbolici oltre che naturalistici:
L'arancio, che è l'emblema mediceo (la famiglia committente) ed è simbolo del matrimonio. Infatti, la discussa dazione vorrebbe La Primavera dipinta nel 1482, anno che coinciderebbe con il matrimonio tra Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici e Semiramide Appiani.
Una settantina di esemplari che sarebbero semplici ciuffi d'erba appartenenti alle famiglie delle graminacee e delle ciperacee.
Le due specie più numerose sono le margherite, che compaiono cinquantacinque volte, e le viole (quarantasei). Due fiori che crescono spontaneamente nei prati in primavera, emblematici della bella stagione e simbolo d'amore: la margherita è utilizzata nel tipico gioco per scoprire se il proprio amore è ricambiato; la viola è sacra a Venere, poiché la dea, alla sua nascita, sarebbe stata incoronata di viole.
Una gran varietà di specie diverse ai piedi della stessa Venere, che appare davanti a un grosso cespuglio di mirto, pianta a lei sacra. Sono presenti rose a profusione, soprattutto quelle che Flora, personificazione della Primavera, porta in grembo e sparge sul prato, dove alcune rose giacciono già. La rosa, sacra a Venere, è associata all'amore e alla bellezza, divenendo poi simbolo mariano di purezza.
Sotto i piedi di Venere troviamo un fiore di elleboro, i cui fiori si riteneva prolungassero la giovinezza (un attributo di Venere) e curassero la follia, notando come l'amore possa indurre a tale stato.
Accanto all'elleboro troviamo fiori di viperina azzurra, così chiamata perché anticamente considera rimedio al morso del serpente omonimo. Fiorendo a maggio, la pianta rimanderebbe al matrimonio di Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici, celebrato in quel mese.
Lo stesso vale per la camomilla, anch'essa accanto all'elleboro. La presenza vicino alla viperina del ranuncolo, simbolo di morte (per la sua tossicità), ha fatto supporre che Botticelli avesse iniziato a dipingere La Primavera per Giuliano de' Medici, fratello del Magnifico, caduto nella congiura dei Pazzi.
Poco sotto, troviamo alcuni fiori di tussilaggine (il cui nome fa riferimento alle proprietà curative contro la tosse; la pianta è nota anche come "farfara"); proseguendo verso i piedi di Flora, tra le rose sparse sul prato notiamo una piantina di fragole, una di muscari (simbolo coniugale) e, più sopra, un giacinto, una rosa e un papavero. La fragola, frutto gustoso, simboleggia i piaceri della bella stagione, il giacinto è un fiore nuziale, e il papavero è considerato simbolo di fertilità. Tra il piede sinistro di Venere e il manto di Flora si scorge una piantena di fiordaliso, altro simbolo d'amore legato al matrimonio.
Procedendo in senso opposto, verso i piedi delle Tre Grazie, troviamo alcuni fiori di gelsomino, anch'esso un fiore di maggio.
Spostandoci in altre zone del dipinto, troviamo nuove specie. Tra i piedi di una delle Grazie (quella a sinistra) si notano alcuni nontiscordardimé (o myosotis) che, come il loro nome suggerisce, sono simbolo di memoria e ricordo; si vedono anche tre fiori di nigella, simbolo amoroso e nota nell'antichità per le sue proprietà medicamentose, il croco (simbolo di amore coniugale) e una pianta di euforbia, considerata benefica per la vista, quasi un invito a guardare l'opera con attenzione.
È interessante notare i fiori che fuoriescono dalla bocca della ninfa Clori, ghermita da Zefiro: vicino alle sue labbra si distinguono tre pervinche, un fiore di fragola, due rose (o forse due anemoni) e due fiordalisi. La pervinca è simbolo di legame matrimoniale (dal latino vincire , “legare”), mentre l'anemone, fiore di breve vita, allude alla fugacità dei piaceri e della felicità.
Ancora, a destra, sopra Zefiro, si trova una pianta di alloro, che richiama la poesia e il committente (in latino laurus , da cui il nome Laurentius), e nell'angolo in basso a destra si vede un bellissimo iris, noto come “giglio di Firenze”, che cresce spontaneo nelle campagne attorno alla città ed è rappresentato nello stemma cittadino.
Per concludere, vale la pena soffermarsi sull'acconciatura e sulla veste di Flora, adornata di altre meravigliose specie floreali. La sua chioma è decorata con margherite, fiordalisi, fiori di fragola e probabilmente anemoni gialli. Sulla veste, Guido Moggi ha riconosciuto circa sessanta esemplari, molti dei quali di difficile identificazione per via della stilizzazione; si distinguono però bene alcuni garofani, varie rose, ancora fiordalisi e probabilmente violacciocche gialle.


Una mia personale foto agli Uffizi
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