Evolution never sTOPS!
Un orso scambiato...per un antico umano
Si tratta di una vera e propria ri-analisi di resti fossili giapponesi attribuiti ad un essere umano.
EVOLUZIONE UMANA: TRA MITI E FAKE NEWS
10/26/20252 min leggere
Questa ricerca è molto interessante perché mostra quello che in generale succede, e dovrebbe succedere, nel mondo della paleontologia e soprattutto della paleoantropologia: far luce su vecchie ricerche che in qualche modo non raccontavano nulla di vero dal punto di vista scientifico, magari guidate dalla possibilità di avere un reperto attribuito al genere Homo che possa in qualche modo dare una sorta di identità preistorica al proprio paese.
In questo caso sono stati riesaminati dei fossili che erano stati attribuiti al cosiddetto Ushikawa Man, scoperti in Giappone tra il 1957 e il 1959 nei pressi della città di Toyohashi. La precedente interpretazione infatti attribuiva questi fossili al genere Homo ed erano stati datati a circa 20.000 anni. Quindi si trattava fino a quel momento dei reperti più antichi attribuiti al nostro genere.
In parole povere, non apparterrebbero all’uomo questi resti ma a Ursus arctos, un orso bruno un pochetto antico. I resti ossei sono stati studiati dal punto di vista morfologico ed è stata utilizzata anche la tomografia computerizzata (CT scan) per esaminare la struttura interna, confrontando i reperti umani e di orso, moderni e fossili, dal punto di vista anatomico. In particolare è stato studiato un “osso lungo” che era stato precedentemente interpretato come un omero umano e la testa ed estremità prossimale di un femore.
Il risultato è che l’omero è in realtà un radio, un osso dell’avambraccio per intenderci, di un orso bruno, così come anche la testa del femore appartiene a un orso. L’errore di identificazione purtroppo potrebbe derivare dalla poca conoscenza dei ricercatori dell’epoca: infatti parliamo degli anni ’50 e ancora non c’erano molte prove antiche per ciò che riguarda la paleoantropologia, escludendo l’uomo di Giava o altri reperti ben più famosi. Allo stesso tempo anche la conoscenza sugli ursidi non era particolarmente sviluppata. Questo porta quindi a declassare l’“Ushikawa Man” e a non considerarlo più, giustamente, come i resti più antichi del Giappone attribuiti all’uomo.
Vediamo qualche altro dettaglio interessante derivante dalla ricerca:
Inizialmente i resti vennero attribuiti a due individui umani datati tra i 17.000 e i 14.000 anni circa.
Il primato passa alle isole Ryukyu (Nansei), in quanto sono stati trovati reperti umani antichi tra i 18.000 e i 32.000 anni.
In passato ci sono stati altri ritrovamenti “particolari”, come quelli attribuiti ad Akashi Man. Anche esso venne ritenuto un reperto molto antico: addirittura si pensava che potesse avere quasi 800.000 anni, ma già un’analisi degli anni ’80 smentì tutto, affermando che si trattasse di un osso recente ma ridepositato in livelli più antichi.
Fonte: Suwa, G., Sasō, A., Sasaki, T., Nakamura, K., Endō, H., & Matsuura, H. (2024). 「牛川人骨」の部位・動物種別の特定と学史略考 [Identification of the parts and animal species of the “Ushikawa Man” bones, and a brief history of the research]. Anthropological Science, 132(2), 71–85.
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