Evolution never sTOPS!
Una popolazione tramanda un racconto antico milioni di anni (forse)
Questa popolazione racconta alcuni avvenimenti che potrebbero essere accaduti migliaia di anni fa. E' possibile una cosa del genere?
SAPIENS: ARTE E SOCIETÀ
9/24/20252 min leggere
Questa storia è molto particolare e merita di essere approfondita, ma ciò che si riesce a intuire, almeno in parte, è che questi racconti sembrano essere antichissimi, forse tramandati da antichi ominini di generazione in generazione, fino ai giorni nostri.
Partiamo dal principio. La popolazione in questione è il popolo Hadza, un gruppo etnico che vive nei pressi del lago Eyasi nella Rift Valley e vicino alla pianura del Serengeti in Tanzania, in un'area chiamata Hadzaland. Nel 2015, la popolazione era stimata tra 1.200 e 1.300 persone, di cui circa 300 ancora dediti esclusivamente alla caccia e alla raccolta. Sono considerati un popolo unico in Africa, senza legami genetici significativi con altre etnie vicine, inclusi i Sandawe.
Si ritiene che siano discendenti degli abitanti aborigeni della regione, un territorio che occupano da migliaia di anni. Infatti, non ci sono prove di migrazioni o spostamenti significativi nella loro storia. È una popolazione molto importante perché vivono a 50 km dalla Gola di Olduvai e a 40 km dal sito preistorico di Laetoli, entrambi luoghi cruciali per la storia evolutiva umana.
E la storia del racconto?
Essendo una popolazione di cacciatori-raccoglitori come quelle del Paleolitico, non hanno nulla di scritto e le tradizioni sono state tramandate di generazione in generazione. In sostanza, le tradizioni orali Hadza sono divise in quattro epoche, ognuna abitata da popoli diversi:
-Akakaanebe o Gelanebe: Giganti pelosi, senza strumenti né fuoco, che cacciavano fissando gli animali. Vivevano sotto gli alberi, mangiavano carne cruda e non costruivano armi.
-Tlaatlanebe: Giganti senza peli che impararono a usare il fuoco per cucinare. Utilizzavano cani per cacciare e furono i primi a usare medicine, amuleti e venerare una divinità chiamata epeme.
-Hamakwabe: Di dimensioni più ridotte rispetto ai predecessori. Inventarono l’arco, le frecce, utensili per cucinare e costruirono abitazioni simili a quelle attuali. Ebbero i primi contatti con altri popoli e ottennero ferro per fabbricare armi.
-Hamaishonebe: Popolo attuale, più piccolo dei Hamakwabe. Iniziarono a mescolarsi con altre società.
Notate qualcosa di strano? Esatto, sembra quasi un trattato di paleoantropologia dove si raccontano, in pratica, tutti i periodi cruciali dell’evoluzione umana. Si parla di animali pelosi che vivevano senza il fuoco o l’utilizzo di strumenti, fino alla comparsa di uomini “senza pelo” che incominciarono a fare ciò che sappiamo. Quel che si sa è che la loro tradizione è rimasta quasi inalterata per migliaia di anni e alcune modifiche sono avvenute negli ultimi cento anni, a causa del contatto con gli allevatori e gli agricoltori.
Non utilizzano calendari, leggi o scrittura, ma il loro linguaggio non è considerato a rischio di estinzione.
Passiamo ai dati. Secondo le evidenze archeologiche e antropologiche, l’area di Hadzaland è stata abitata da cacciatori-raccoglitori come gli Hadza per almeno 50.000 anni, e le loro tradizioni orali potrebbero contenere riferimenti ad antenati ominini come l’𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙚𝙧𝙚𝙘𝙩𝙪𝙨 o altre specie estinte, magari australopitecine o i primi individui attribuiti al genere 𝙃𝙤𝙢𝙤.
Insomma, è un popolo che merita di essere studiato approfonditamente e ciò forse potrebbe addirittura aprire a una nuova metodologia di studio basata sulla memoria. Del resto, queste popolazioni di cacciatori-raccoglitori sono diffuse in tutto il mondo e, se si approfondissero i racconti (credo che già ci siano studi di antropologia culturale), si potrebbe far luce magari su aspetti paleoantropologici che non si sono preservati nel corso del tempo.
Alcune fonti su questa popolazione: Daniel Shriner, Fasil Tekola-Ayele, Adebowale Adeyemo, Charles N Rotimi, Genetic Ancestry of Hadza and Sandawe Peoples Reveals Ancient Population Structure in Africa, Genome Biology and Evolution, Volume 10, Issue 3, March 2018, Pages 875–882
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