Evolution never sTOPS!

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Vivere a lungo potrebbe essere un traguardo...per pochi

Nel corso del tempo l’aspettativa di vita è aumentata, eppure potrebbero non esserci grossi margini di "miglioramento".

ANTROPOLOGIA FISICA: CURIOSITÀ E NOTIZIE

9/24/20256 min leggere

Quando parliamo della nostra specie, ma anche di altri animali, tendiamo a confondere durata di vita potenziale, chiamata anche lifespan (cioè quanto a lungo potenzialmente può vivere un essere umano in assenza di malattie o di altri fenomeni), e aspettativa di vita media (cioè l’età media alla morte, che può essere influenzata da condizioni ambientali, malattie, ecc.). E diciamocelo, quando parliamo di esseri umani antichi, è una domanda che ci poniamo, anche perché nel corso del tempo l’aspettativa di vita è aumentata, arrivando a raggiungere età incredibili come 80 o 90 anni, e potenzialmente, secondo i vari record, alcuni esseri umani hanno tranquillamente superato i 100-110 anni di età.

Nel passato, Neanderthal e Sapiens avevano aspettative di vita simili, ma questo trend cambiò circa 30.000 anni fa, nel Paleolitico superiore, nel nostro caso, in quanto tra i resti iniziano ad essere molto più frequenti quelli di individui anziani. Attenzione, ciò non significa che prima non siano stati trovati resti di individui anziani (senza contare che abbiamo resti di molti di essi attribuiti anche a specie come H. erectus), ma iniziano ad esserci più resti attribuiti a più individui, indicando che probabilmente nel Paleolitico superiore l’aspettativa di vita era cresciuta.

Successivamente, gli individui anziani iniziarono ad essere presenti anche nei contesti archeologici già a partire da 10.000 anni fa. Quindi, l’esclamazione più ovvia sarebbe: “è aumentata anche l’aspettativa di vita!” e invece no: paradossalmente (ma non troppo), una maggiore densità di popolazione, assieme alla scarsa igiene e all’assenza di sistemi fognari, ha abbassato l’aspettativa di vita delle persone. Anche un maggiore contatto con gli animali domestici ha esposto l'uomo a maggiori pericoli attraverso la zoonosi, cioè quelle malattie trasmesse dagli animali all’uomo.

In epoca romana si vedono alcuni risultati differenti e abbiamo qualche dato un po’ più affidabile proprio grazie ai censimenti. I risultati sono questi:

  • L’aspettativa di vita media generale era di circa 20 anni ed era condizionata anche e soprattutto dall’alta mortalità infantile.

  • Se si superavano i 5 anni di età, la media saliva a circa 40 anni e, a parte gli imperatori assassinati, vivevano abbastanza a lungo.

Secondo l’autore di uno dei 3 studi citati, Marios Kyriazis, il corpo umano non è differente da quello di tanti altri animali, in quanto, escludendo la vecchiaia, le persone prima vivevano abbastanza a lungo per riprodursi, per assistere i figli e, se andava bene, anche per assistere i nipoti per qualche periodo. Essere anziani nel passato era un traguardo incredibile, e quelli che sopravvivevano così a lungo erano, in primis, portatori di conoscenze e, in secondo luogo, venivano assistiti (anche) per questo motivo. Si hanno tracce di individui anziani con malattie croniche accuditi da altri individui già poco meno di 2 milioni di anni fa con H. erectus e H. georgicus. Inoltre, l’invecchiamento è limitato dai fattori biologici e, come ben sappiamo, il corpo non riesce a “ripararsi” in eterno.

Ma con la medicina, il cambio di abitudini e stili di vita, l’aspettativa di vita media è aumentata, soprattutto nel secolo scorso. Infatti, nel 1950 l’aspettativa di vita raggiungeva i 47 anni circa, mentre oggi la media globale è di circa 73,2 anni: 70,8 per gli uomini e 75,6 per le donne. In città come Hong Kong si raggiunge una media di 85,3 anni, mentre in Repubblica Centrafricana circa 54,4 anni. Questo purtroppo è dovuto alle malattie e ai vari conflitti.

Ma quali sono stati i fattori che hanno permesso all’uomo di raggiungere medie del genere?

In primis, sicuramente una migliore igiene. Nel Paleolitico, per esempio, pur volendo, non c’era modo di proteggersi da certe infezioni, anche se sono state, per esempio, trovate tracce di arti amputati con individui che sono riusciti a vivere qualche anno in più, oppure utilizzavano erbe medicinali ed aspirine naturali. Ma era comunque una condizione limitata. Quindi, con una migliore igiene, sono arrivate anche cure mediche migliori, un’alimentazione più equilibrata e ricca, che hanno giocato un ruolo fondamentale nell’aumento dell’aspettativa di vita media.

Questo, a livello evoluzionistico e comportamentale, ha comportato un drastico cambiamento delle abitudini di alcune persone, dal Paleolitico ad oggi. Prima si pensava alla sopravvivenza della prole, mentre oggi la priorità è quella di essere il più longevi possibile. Ma non sono comunque da sottovalutare alcuni aspetti importanti dal punto di vista evoluzionistico che possono comportare o meno l’invecchiamento:

  • L'accumulazione di mutazioni: Come ben sapete, le mutazioni, perlopiù casuali, si accumulano sia nel corso della vita sia a livello individuale che a livello popolazionistico. È possibile che si accumulino mutazioni dannose e potenzialmente deleterie, che comporteranno la morte “prematura” degli individui.

  • Antagonistic pleiotropy: Può capitare che un dato gene o una data mutazione possano svolgere una funzione positiva da giovani, mentre possono dimostrarsi deleteri in età adulta.

  • Disposable soma theory: In sostanza, e vale per ogni organismo, nel corso del tempo sono stati selezionati individui capaci di riprodursi e per fare ciò bisogna essere in salute e pieni di energia. Ergo, secondo questa teoria, l’invecchiamento e la morte sono una sorta di compromesso con il vivere i primi anni in forza e pieni di energia, permettendo così la cura e la sopravvivenza della prole.

Sono stati condotti poi altri studi da altri ricercatori, come quelli condotti a Singapore e pubblicati su Nature. Anche qui si pongono lo stesso problema, cioè se, in assenza di malattie o disfunzioni, la durata massima della vita possa aumentare. E proprio questi ricercatori indicano che potenzialmente potremmo vivere fino a 120-150 anni, con questo limite che è stato calcolato in base all’invecchiamento e alla capacità di rigenerazione del nostro corpo a livello biologico. Si sono focalizzati su 500.000 soggetti e su due elementi del sangue, cioè le dimensioni dei globuli rossi e dei globuli bianchi, indicando che la variazione di questi parametri riflette l’invecchiamento del corpo. Secondo un calcolo statistico, dopo i 120-150 anni di età a livello biologico è impossibile sopravvivere. Esiste una sorta di “data di scadenza”. Naturalmente, è solo il nostro possibile potenziale e con trattamenti che potrebbero ridurre la nostra fragilità potremmo vivere 20-50 anni in più rispetto ai nostri centenari.

Del resto, ci sono degli esempi eclatanti, come Jeanne Calment, una francese che parrebbe essere vissuta per 122 anni, dal 1875 al 1997. Un record mai raggiunto da nessun essere umano. Tutto molto bello? Sì, e forse anche tutto così improbabile.

Infatti, secondo un altro studio pubblicato su Nature nel 2024, è difficile di per sé raggiungere i 100 anni di età, e quelli che ci sono riusciti sono stati comunque dei casi eccezionali. Qui si concentrano maggiormente sull’aumento dell’aspettativa di vita nel XX secolo, dicendo che è aumentata di circa 30 anni nei paesi che presentano un alto reddito, questo perché, come detto prima, le scoperte mediche e una buona salute giocano un ruolo fondamentale nella longevità. Inizialmente, la riduzione della mortalità si è verificata nelle fasce d’età più giovani, si è estesa anche alle fasce d’età più avanzate, fino a quando non è stato raggiunto un rallentamento nel 1990. Infatti, nei paesi “più longevi”, come Italia, Australia, Francia, Giappone, Corea del Sud, Spagna, Svezia e Svizzera, hanno rivelato, assieme a Hong Kong, che negli ultimi anni c’è stato un rallentamento per quanto riguarda i miglioramenti legati alla longevità. Di conseguenza, in base ai dati raccolti, la probabilità di vivere fino a 100 anni è relativamente bassa: circa il 5,1% per le donne, mentre per gli uomini di appena l’1,8%. Nei paesi che in generale sono caratterizzati da un’alta speranza di vita, invece, le probabilità di raggiungere i 100 anni non superano il 15% per le donne (solo il 5% degli uomini).

Sembra che rispetto al secolo scorso, nel quale sono nati tutti gli attuali centenari odierni, i “miglioramenti” dell’età avanzata siano diminuiti. Aumentando la popolazione, è normale che a livello statistico ci siano o ci saranno molti più centenari rispetto allo scorso anno, ma in generale arrivare a quell’età sarà pressoché improbabile.

È probabile che il limite teorico sia 120 anni, raggiunto come detto prima da Jeanne Calment. Sarà possibile, a livello teorico, raggiungere la sua età, ma non andare oltre, a meno che non ci sia un fattore così intenso e significativo da scombussolare un po’ la nostra biologia.

120 anni non è una cifra buttata a caso, in quanto ci sono diversi fattori che limitano la longevità, come l’accorciamento dei telomeri e il possibile accumulo di danni cellulari. Inoltre, l’invecchiamento è associato alla capacità di rigenerazione cellulare, ed è questo il vero e proprio problema, in quanto peggiora con l’età.

Ciò che si può fare per contrastare l’età e per vivere più a lungo è uno stile di vita sano, caratterizzato da un’alimentazione equilibrata e attività fisica, in quanto giocano un ruolo nella prevenzione di malattie legate all’invecchiamento. Però, ecco, vivere oltre i 100 anni non sarà scontato.

P.s. ci sono studi che smentiscono le età di questi personaggi storici. Sono stati inseriti come dati perché li ho trovati, come tali, nelle varie pubblicazioni.

Fonti:

  • Kyriazis, M. Ageing Throughout History: The Evolution of Human Lifespan. J Mol Evol 88, 57–65 (2020).

  • Olshansky, S.J., Willcox, B.J., Demetrius, L. et al. Implausibility of radical life extension in humans in the twenty-first century. Nat Aging 4, 1635–1642 (2024).

  • Pyrkov, T.V., Avchaciov, K., Tarkhov, A.E. et al. Longitudinal analysis of blood markers reveals progressive loss of resilience and predicts human lifespan limit. Nat Commun 12, 2765 (2021)